Ho
letto molti interventi sui fatti di Milano del primo maggio. Alcuni scontati e
noiosamente ripetitivi, alcuni, pochi, interessanti. Quello, ad esempio, di
ieri pubblicato dal Manifesto (http://ilmanifesto.info/milano-i-riot-che-asfaltano-il-movimento/),
in cui, senza voler entrare nel merito della ragione e del torto per le tesi
portate avanti dall’autore, si cerca di analizzare quelle che potrebbero essere le conseguenze
per il movimento noglobal o per la piazza in genere. A tal proposito
illuminanti alcuni commenti da parte anche di militanti di sinistra che vanno
oltre la condanna pura e semplice della violenza per approdare a conclusioni in
cui si mettono in discussione le ragioni dei molti “no” che sono dietro le
proteste del movimento di questi anni. Considerando, quasi, il voler
contrastare e indirizzare lo sviluppo della società verso un modello più
rispettoso dell’uomo e dell’ambiente come qualcosa che possa fiancheggiare o
avallare il comportamento violento di alcuni “provocatori” più o meno
prezzolati, sicuramente strumentalizzati. Io non sono quello che condanna a
prescindere la violenza se questa è espressione di un sentimento e di un movimento
popolare e di massa, la condanno, e fermamente, quando questa si trasforma in
esaltazione dell’azione fine a se stessa senza legami o ricadute sul movimento
in generale, anzi con effetti negativi diventando esercizio auroreferenziale da
esaltare sui social.
Bene,
anzi, male, questo è il cul de sac, in cui certe manifestazioni fanno piombare
l’intero movimento, già precario di suo. Io, e come me, molti altri vorremmo
continuare ad essere liberi di esprimere e manifestare il nostro dissenso e i
nostri no (che poi sono altrettanti si ad altre scelte) senza il cappio al
collo della delegittimazione e della condanna preconcetta assimilando tutto
alla violenza imbecille e colpevole di alcuni professionisti del caos.
Detto
questo non si può, però, fare a meno di notare che la gestione di molte
manifestazioni ormai denota un’incapacità imbarazzante nell’isolare e espellere
le frange più violente ben visibili e identificabili, lasciando mano libera a
loro e soprattutto a chi c’è dietro e ci specula. Adesso, vi prego, non mi si
faccia il discorso che hanno fatto molti più danni le ruberie e le scelte dei
potenti di quelli fatti in piazza,. Lo so, e ne sono consapevole, ma i danni
più rilevanti, gravi e, spesso, irrimediabili sono quelli fatti alle coscienze
e alle lotte di migliaia di persone che non meritano di essere assimilate alla
violenza stupida e fine a se stessa ma le cui posizioni e proposte vengono
regolarmente oscurate da episodi di cronaca. La sinistra ha un compito storico
fondamentale e, forse in questo periodo, superiore alle proprie forze e
capacità. Ma la ricerca dell’unità, della comunanza degli obiettivi pur nella
diversità di vedute, la rappresentazione del disagio sociale non può passare
che attraverso un movimento di massa non esaltato e idealizzato nelle speranze
o illusioni dei pochi, ma costruito, canalizzato, organizzato con pazienza, senza
supponenza e senza sconti o tolleranze dannose fuori luogo.
L’assalto
ai forni da parte degli affamati non solo è comprensibile ma legittimo!
Bruciare l’auto o sfondare vetrine non è né legittimo né comprensibile e non
crea neanche quel consenso che, solo, potrebbe legittimare anche un’eventuale
rivoluzione popolare.
MIZIO
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