Le
idee ci sono, forse pure troppe. La voglia non manca di certo tra i compagni
anche i più fiaccati dagli avvenimenti degli ultimi anni. Sappiamo tutti e
siamo tutti, o quasi, consapevoli di ciò che non si vuole.
E
allora cosa è che manca e ci rende così disperatamente fragili e ininfluenti?
Io
non ho mai amato i leaderismi, sono stato per carattere, attitudine ed
educazione a non allinearmi mai con alcuno a prescindere.
Mi
piace valutare, poter esercitare critiche costruttive, confrontarmi e arrivare
ad ammettere anche
di aver sbagliato, laddove lo ritenga necessario. Si chiama onestà intellettuale, niente
di nuovo sotto il sole.
Ma, forse, quello che manca veramente, e lo dico con
rammarico perché rappresenta un limite per tutti noi, è un leader.
Un
leader che sia credibile, affidabile, convincente, che non possa, da parte di
chi lo segue, essere minimamente sospettato di agire e promuovere se stesso anziché
il movimento che rappresenta. Avulso dai classici schemi che vanno tanto di
moda ultimamente, per cui il politico deve essere prima di tutto abile nel “fregare”(passatemi
il termine) il prossimo, piuttosto che il terminale che più rappresenta e incarna un sentire collettivo.
Un leader, ad esempio, non può essere chi tende a
dividere anziché ad unire, non può essere colui cui manca la capacità d’ascolto
perchè già troppo compreso e impregnato nel suo pensiero. Deve rappresentare,
con la sua sola presenza, una storia collettiva e personale cui non sia
necessario appecoronarsi acriticamente, ma in cui sia naturale e appagante il riconoscersi. Non deve corrispondere forzatamente ai miti della bellezza e
della gioventù, anche essi figli di tempi dal pensiero corto, Pepe Mujica,
certamente non avrebbe mai vinto un concorso di bellezza, lo stesso dicasi di
Enrico Berlinguer o di altri. Cosi’ come abbiamo esempi più recenti Tsipras,
Iglesias, Sanders, Aung
San Suu Kyi, il cui il solo entrare in una stanza faceva e fa sospendere il respiro collettivo.
Nel
recente passato possiamo ritrovare qualche sparuto tentativo di corrispondere a
tale profilo, pensiamo ad esempio al nobile tentativo di Nichi Vendola capace
di ammaliare e coinvolgere migliaia di giovani in un sogno collettivo, ma, andandosi
poi, ad incagliare con l’incapacità di mantenere quella tensione ideale in grado di farlo rimanere connesso con un sentire collettivo che, nel frattempo,
sbandava di fronte a mutamenti troppo rapidi e di difficile lettura.
Ovviamente
il leaderismo cui faccio riferimento io, non è, e non lo potrebbe, essere
quello intriso di autoritarismo e di snobismo (es. D’Alema, cui ancora alcuni
riconoscono capacità e furbizia da me mai riscontrate nè apprezzate).
Oggi,
in Italia, se devo pensare ad un leader, non posso che pensare a Papa Francesco.
Ovviamente,
non perché ne condivida l’impostazione o i messaggi (non sono notoriamente
frequentatore di parrocchie e sagrestie), ma perché è l’unico che sappia , con
la forza e la semplicità necessaria, condensare e rappresentare il pensiero
collettivo di tutti i sinceri
cristiani. Per i distratti, ripeto che non sto parlando del merito , ma del metodo
e del carisma personale che, o lo hai o non puoi certo costruirtelo, e lui,
bisogna riconoscerlo, ce l’ha. Cosa bisognerebbe fare, allora per trovare il
leader che manca?
Niente
di particolare, perché, come nel gioco del calcio, non puoi diventare Maradona
se non lo sei. Quello che possiamo e dobbiamo fare è evitare di subire
fascinazioni esistenti solo nelle nostre più recondite aspettative, evitare di
sostenere aprioristicamente tizio o caio solo perché affabulatore o perchè ha
un’immagine spendibile. Costruire pazientemente un percorso onesto,
coinvolgente, alternativo, capace d’attrarre anziché respingere, scevro da
lotte intestine di potere mascherate da divergenze d’ opinione, corretto, coerente
e finalizzato ad un obiettivo comune e non personale.
Se saremo capaci di fare
questo, se saremo onesti prima di tutto con noi stessi creeremo quel substrato comportamentale
ideale per una crescita collettiva che renderà più probabile la
nascita del nuovo Maradona della sinistra italiana.
Nell’ attesa
cerchiamo di giocare al meglio come squadra, perché, comunque sia, l’obiettivo
rimane sempre e comunque la vittoria.
Ad maiora
MIZIO
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