Dopo
i fatti di Bruxelles la penna, la lingua e l’anima sono rimaste mute. Cosa
aggiungere al dolore, all’orrore, alla condanna che non sia stato già scritto,
detto e ripetuto migliaia di volte dopo ogni violenza, ogni attentato, ogni guerra.
Più si ripetono gli episodi e più t’assale
il senso d’impotenza non per cosa fare,
ma semplicemente per capire.
Gli
attentati nel cuore della pacifica Europa ci colpiscono di più per la loro
vicinanza e somiglianza con le nostre vite, ma non sono molto diverse dalle bombe
che cadono improvvisamente dal cielo sulle case e sulle famiglie di altre città
più lontane.
“Siamo
in guerra signori”! Con quale sottile piacere perfido molti, per speculazioni
ad uso e consumo proprio, si appropriano di una parola che dovrebbe essere
cassata dal dizionario o perlomeno accompagnata dall’avvertenza “usare con
cautela”.
Comunque
se guerra deve essere che guerra sia .
E
anch’io lo affermo: Siamo in guerra, certo che lo siamo, e da sempre. Siamo sotto
attacco di un sistema che banalizza i diritti dei singoli e dei popoli. Che
esporta democrazia sotto forma di sfruttamento, armi e importa disperati nelle
periferie delle proprie città. Che, in nome di uno pseudo progresso, violenta
distrugge e rade al suolo territori, annienta popolazioni, sfrutta le limitate
risorse naturali attento più ai bilanci delle multinazionali che a quello di
madre terra.
Che,
a seconda delle circostanze e dell’interesse, usa Dio e le religioni, per
scatenare guerre che diventano così, persino sante.
Chiudere
le frontiere, espulsioni di massa di poveri disgraziati che scappano da altre guerre
e da miseria e fame, queste le ricette e le proposte dei guerrafondai e delle
menti chiuse nostrane. Ovviamente, senza rinunciare a qualche azione dimostrativa,
umanitaria e democratica a colpi di raid aerei, bombardamenti o di golpe per
esportare il concetto di libertà e democrazia (ovviamente il loro).
In
questo quadro, siamo chiari, non molto si può fare, se non sperare nella
fortuna o nella provvidenza, oltre, ovviamente ad un lavoro di intelligence e
prevenzione che, però, abbiamo visto, non sempre arriva in tempo o è in grado
di prevenire adeguatamente.
Possiamo,
però, intanto risparmiarci di ascoltare e seguire gli sciacalli che,
casualmente, a Bruxelles per timbrare il cartellino e non perdere la diaria, si
fanno interi servizi fotografici sulle disgrazie altrui. Possiamo lottare e
impegnarci per cambiare la logica e le priorità del sistema imperante per poter
aspirare, in futuro, ad un suo superamento. Possiamo spingere, ognuno nel suo
ambito, affinchè vengano interrotti i fili che legano gli assassini ai nostri
interessi (commercio di armi e petrolio, sfruttamento del lavoro).
Possiamo
chiedere ai nostri governi che parte delle immense risorse utilizzate per le
guerre, venga, invece dirottato per il miglioramento delle condizioni di vita
dei paesi e delle popolazioni pià arretrate.
Possiamo
pretendere che con l’alibi della sicurezza non ci vengano tolte o limitate
libertà individuali e collettive.
Si
dirà, e anche giustamente, che tutto questo prevede tempi lunghi che mal si
assemblano con la frenesia e le logiche del moderno pensiero che ci vuole impegnati
in una corsa frenetica e insensata verso chissà dove, ma non riesco ad immaginarne uno migliore
E non per voler essere buonista o pacifista a tutti i costi, che ormai nella percezione
collettiva sono assimilati ad offese mortali, ma sono riflessioni improntate a concetti di semplice buon
senso derivanti dalla costatazione che altri sistemi, in primis le guerre e la
divisione competitiva in classi della società, hanno fallito miseramente.
Proviamo
ad essere solidali, a ritenerci simili, sia pur nelle diversità, e lottiamo per
questo, hai visto mai?
Ad
maiora
MIZIO
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