Il
primo atto da fare è prendere atto che qualcosa è cambiato e pure rapidamente.
Tutto ciò che era stato costruito dalle generazioni precedenti (in particolare
nei paesi occidentali) in materia di democrazia, difesa del più debole, di
inclusione sociale è stato prima messo in discussione, e poi progressivamente
spazzato via. L'arma ideologica utilizzata, quella della globalizzazione
economica e della speculazione finanziaria, ha messo in competizione i
disperati di tutto il mondo in nome del profitto. Operazione non calata dal
cielo, nè scritta nel destino dell'umanità. Ma scelta consapevole di una lobby,
questa si globale, che fa dell'adorazione del profitto e dell'esercizio del
potere assoluto (in questo caso finanziario) la propria religione da servire e
onorare con i propri sacerdoti. Imprenditori, politici, economisti, giornalisti
e prezzolati di tutte le risme.
I
conflitti, anche se non combattuti con le armi (ma non mancano assolutamente
neanche quelli, anzi) stimolano e motivano ovviamente reazioni da parte
sopratutto di chi coltivai lo stesso disegno egemonico (sia pur con matrice
apparentemente diversa) e preparano il terreno per uno scontro di potere.
Liberismo
economico e fondamentalismo islamico alla fin fine sono più simili di quanto si
possa credere. Entrambi puntano all'annichilimento dell'essere umano e della
sua libertà. Da una parte si utilizzano mezzi più "democraticamente
accettabili" e "puliti", dall'altra si bypassano i passaggi
intermedi per arrivare direttamente al risultato finale.
L'angoscia
e l'impoverimento di centinaia di milioni di disperati creati da questo sistema
sono il substrato ideale per chi, invece, molto più semplicemente, ne
indirizza, utilizzando la religione come molla, la rabbia e la disperazione
contro i suoi simboli e i suoi rappresentanti.
Il
terrorismo finanziario ed economico miete le sue vittime facendole morire
lentamente, togliendo loro speranza e alimentando l'angoscia per il domani. (E
solo chi ha vissuto questi sentimenti può capire l'abisso di paura e
disperazione in cui si precipita e da cui, spesso, se ne esce con soluzioni
estreme).
L'altro
è, per certi aspetti, di più facile comprensione, puntando a mietere
direttamente vittime inconsapevoli e spargere terrore diffuso ponendo, tra
l'altro le basi per altrettante reazioni rabbiose, razziste e xenofobe.
E'
un ginepraio da cui non è facile nè scontato che se ne possa uscire, ma che,
comunque, ci mette di fronte la domanda che da sempre accompagna i periodi di
forte tensione e apparentemente insolubili: Che fare?
Ovviamente,
non sono assolutamente in grado di offrire risposte, ma credo che già
riconoscere la stessa impronta egemonica in entrambe le componenti prese in
considerazione, possa essere un passo avanti. Passo che ci porta inesorabilmente
a quello successivo, il riconoscimento che tutta l'umanità è sotto attacco
inconsapevolmente (di cui una parte con le armi) e che limitarsi alle condanne
estemporanee non risolve e non aiuta la comprensione.
Abbiamo
fortemente urgenza di una terza via. Quelle del secolo scorso appaiono oggi,
non certamente sbagliate, ma sicuramente insufficienti a offrire risposte che
non siano settoriali. Potrebbero diventare una buona base se innervate e
arricchite dalle visioni forse utopiche ma necessarie dei movimenti no-global
del nuovo millennio. Rivedere i rapporti tra capitale e lavoro è necessario ma
è altrettanto necessario farlo all'interno di una visione che veda la
salvaguardia del pianeta e dell'umanità tutta. Quindi lotta ai fondamentalismi
di qualsiasi genere siano essi finanziari, politici o religiosi. Impegno per il
perseguimento e l'allargamento delle coscienze che vanno sottratte al populismo
e alla rabbia. La redistribuzione di beni e diritti all'interno di un
riequilibro complessivo dell'economia e dell'utilizzo delle risorse naturali,
deve essere la linea guida di qualsiasi forza, partito o movimento che voglia
sfuggire a questa logica fuorviante di scontro fra civiltà.
Ci
vogliono paurosi e rancorosi, riproviamo ad essere protagonisti e propositivi.
Ad
maiora
MIZIO
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