mercoledì 24 giugno 2015

E' SOLO UN FILM?




Scorri rapidamente gli innumerevoli post su Facebook sapendo già che la maggior parte sono inutili, ripetitivi, provocatori alla ricerca di qualcosa che accenda la fantasia e la curiosità. Improvvisamente ti imbatti nella  richiesta di un gruppo che invita a menzionare i film italiani che hanno contribuito alla crescita della nostra coscienza politica e sociale. E ti ritrovi a confrontare i tuoi ricordi con quelli degli altri componenti, scoprendo che, anche per alcuni molto più giovani le pietre miliari, quelli capaci di scuotere le coscienze appartengono ad un periodo che va dal dopoguerra alla fine degli anni ’70. Ritrovi Bertolucci, Rossellini, Monicelli, Pasolini, Volontè. Nomi e film capaci di sconvolgerti, di fotografare una realtà che era patrimonio collettivo nella sua evoluzione e non appariva lontana ed estranea alle vite di ognuno. In effetti mettendomi a ripescare nella memoria, negli ultimi decenni del secolo scorso e nei primi dell’attuale abbiamo avuto modo di apprezzare qualche autore, qualche film ci ha colpito per la delicatezza o per le tematiche trattate, qualcun altro per le meraviglie degli effetti speciali, ma nessuno, o quasi, capace di spostare o condizionare scelte di vita politica e collettiva. Molto, indubbiamente, è dipeso dall’abbondanza e dalla varietà dell’informazione che ha messo chi vuole, nella condizione di essere informato, molto più di prima, anche se in maniera caotica e superficiale, rendendo superflua la funzione pedagogica del film, relegato, quindi, quasi esclusivamente alla funzione dell’intrattenimento. Questo è vero, ma viene in mente che nel periodo di cui si parlava prima, la vivacità e la capacità di compenetrarsi nel sociale non riguardava solo la filmografia ma tutto il mondo dell’arte in genere. La musica, i testi dei cantautori, il teatro, l’arte figurativa, la letteratura, la fotografia, tutto sembrava contribuire in maniera consapevole ad una presa di coscienza collettiva.
Tutto questo per dire che forse, oltre che guardare obbligatoriamente e doverosamente, al futuro, varrebbe la pena di fermarsi a riflettere su quale corto circuito mediatico collettivo abbia permesso che quella spinta, quel sentire comune, sia stato depotenziato privilegiando una visione molto più attenzionata sul singolo piuttosto che su una crescita collettiva. Si è perso progressivamente quel tessuto connettivo che permetteva di sentire i problemi del singolo o di una categoria come un  problema di tutto il corpo sociale. E bisogna avere il coraggio di ammettere che si è perso, certo, per l’evolversi del modello sociale imposto da poteri sovranazionali, il cui compito, però, è stato di molto facilitato dalle scelte che  sono state fatte da chi aveva storicamente il compito di alimentare una visione diversa. Si è scelto di confrontarsi sullo stesso terreno scelto dall’avversario, con il risultato di essere considerati progressivamente ormai, assimilabili nella stessa logica. Oggi abbiamo ex leader politici che fanno film intervistando bambini, anche in modo simpatico, ma si fa questo perché incapaci di scuotere coscienze e avere una funzione credibile di guida bruciata sull’altare di un realismo politico pro domo sua.
“La classe operaia va in paradiso” oggi sarebbe un film improponibile perché l’ottica è esattamente rovesciata rispetto ad esempio al film, molto più recente “Tutta la vita davanti” sul lavoro precario cui spesso é stato accostato. Lì c’era un problema collettivo di sfruttamento che veniva percepito come tale e dava vita a scelte e risposte collettive, di qua c’è lo stesso dramma collettivo che viene vissuto e percepito come personale, quasi, colpevolizzandosi per la propria condizione. L’indice non viene quasi più puntato sui responsabili reali e, quando lo si fa, è sempre in modo limitato e individuale.
Alla fin fine questo pistolotto, partito da un semplice sondaggio sui gusti cinematografici, diventa un invito a riflettere sulle scelte e sulle direzioni da intraprendere. Il futuro si costruisce partendo dal riconoscimento degli errori del passato e, soprattutto, coscienti che potrà diventare tale solo quando ci sentiremo tutti coinvolti nella sua costruzione.
E chi vuol capire, capisca!
Ad maiora.

MIZIO

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