mercoledì 9 novembre 2011

IL PAESE AFFOGA NEL RIDICOLO E NEL FANGO




Accanto a un paese che sta lentamente scivolando nel ridicolo e nel grottesco, grazie ai propri rappresentanti, c’è n’è un altro che invece, sta, meno metaforicamente, affondando e  sgretolando portando con sé lutti e distruzioni.
Dopo il voto di ieri alla camera c’è il fondato motivo di ritenere esaurita questa stagione politica, caratterizzata da nani, escort, mafiosi e inquisiti, prospettando la possibilità di arrestare,almeno (forse), la caduta di autorevolezza e capacità politica del nostro paese. Quello che è più difficile fare è fermare lo scioglimento vero e proprio del paese reale ad ogni pioggia. Solo questi ultimi giorni: Liguria (5 Terre), Toscana (Lunigiana), Genova e Ponente ligure, Piemonte, Campania, di nuovo Toscana (Elba), Basilicata, Treviso e Provincia, oggi Messina e provincia;  mezza Italia sott’acqua...o meglio sotto il fango.



Appaiono puerili e sterili le campagne di stampa e d’opportunismo politico, che in queste occasioni vanno ricercando responsabilità che ad ogni costo abbiano un nome o un cognome. Sia esso quello del sindaco, del preside o di qualsiasi altro possa essere additato all’opinione pubblica come colpevole. Il che non vuol dire singoli innocenti e responsabilità di nessuno. Assolutamente no, le responsabilità ci sono, e sono facilmente individuabili e assolutamente trasversali
Però, non sarà certo un allerta meteo di grado 2 o 3 a cambiare la situazione di un territorio, quello italiano, violentato, asfaltato e cementificato come nessun altro nel mondo. Il consumo e la produzione di cemento in Italia negli ultimi 20 anni non ha paragoni in Europa.
Estese periferie diffuse, grappoli disordinati di sobborghi residenziali, blocchi commerciali connessi da arterie stradali: negli ultimi 15 anni il consumo di suolo in Italia è cresciuto in modo incontrollato e abnorme, sebbene quantificare il fenomeno non sia facile perché le banche dati sono eterogenee e poco aggiornate e anche a causa di quelle carenze di pianificazione e dell'abusivismo edilizio caratteristici del nostro Paese.
Secondo il dossier:“Ambiente Italia 2011” presentato venerdì scorso a Roma da Legambiente, a guidare la folle corsa all'urbanizzazione è la Lombardia con il 14% di superfici artificiali. Segue il Veneto (con l'11%), la Campania (con il 10,7%), il Lazio e l'Emilia Romagna (con il 9%). Anche Molise, Puglia e Basilicata stanno conoscendo una crescita accelerata delle superfici urbanizzate, a scapito dei suoli agricoli.
Particolarmente allarmante è il caso di Roma dove, in 15 anni le superfici urbanizzate sono aumentate del 12% con 4.800 ettari trasformati. Nonostante ciò Roma è anche in testa alla classifica delle città con il maggior numero di case vuote. 
Nelle coste e nelle aree di maggior pregio, invece,una spropositata costruzione di seconde case ha portato alla cementificazione degli ultimi lembi ancora liberi di territorio e di zone a rischio idrogeologico, sulle quali si interviene abusivamente o con il benestare di piani regolatori o, dei cosiddetti "Piani casa" che, come succede nel Lazio, prevedono costruzioni e aumenti di cubature anche e in zone finora protette di parchi e riserve. Di fronte a questa situazione e dati incontrovertibili, alcuni "servi sciocchi" del pensiero unico, hanno individuato nella tutela  del territorio la responsabilità prima di tali catastrofi, adducendo come motivazione la mancata sistemazione e manutenzione dei boschi e dei letti dei fiumi e facendone carico ai verdi, così genericamente definiti.Queste affermazioni non meriterebbero risposta alcuna se non fosse che, tali idiozie, prendono piede pure tra l'opinione pubblica che, come si accennava prima è alla costante ricerca di un responsabile chiunque esso sia, in modo che sulla scia della sindrome di "Piazzale Loreto"* assolve tutti dalle proprie di responsabilità che, pur inferiori non sono da meno di quelle di chi gestisce la cosa pubblica. In tali affermazioni si ravvede una ignoranza in materia di conoscenza ambientale e una supponenza  tipica dei lobotomizzati della pochezza culturale e politica attuale. Basta interpellare non un ecologista o rappresentante dei cosiddetti Verdi, ma un geologo  per sapere che la maniera migliore per evitare tali tragedie è rispettare il naturale equilibrio ambientale, sopratutto nelle zone storicamente a rischio frane. Mantenere la catena: sub-strato- tappeto erboso-strato arbustivo e strato arboreo sulle spallette collinari o montane e sui greti dei torrenti e fiumi è la migliore assicurazione per un evolversi naturale e meno invasivo delle , anche quelle naturali, piene dei corsi d'acqua. Ovviamente questo presuppone che, a valle, l'alveo dei fiumi venga mantenuto nella sua naturale libertà di scorrimento e sfogo e non intrappolato e chiuso tra muri di cemento e costruzioni più o meno abusive.
In conclusione la ricerca di responsabilità individuali quando si verificano tali disastri, pur essendo necessaria, non basta e non è sufficiente a evitare il ripetersi degli stessi se, contemporaneamente, non ci si assuma anche collettivamente la responsabilità di uno sviluppo distorto e distruttivo del territorio a cui tutti, o quasi, abbiamo assistito impassibili e attenti esclusivamente al nostro momentaneo interesse.
Oggi si parla molto e a sproposito del debito pubblico che lasceremo in eredità alle generazioni future, ma nessuno parla del debito di territorio che, quello si, sicuramente lasceremo ai nostri nipoti.
E intanto si favoleggia ancora di "Grandi Opere".





*Intendesi per sindrome da Piazzale Loreto l'accanimento inutile e vigliacco contro i responsabili di atrocità anche dopo che siano stati messi in condizioni di non nuocere più o, addirittura dopo morti,, soprattutto da parte di quelli che fino al giorno prima per vigliaccheria, convinzione o opportunismo non avevano mai contestato e combattuto il tiranno anzi, ne erano stati, spesso, complici.


MIZIO

Nessun commento:

Posta un commento