lunedì 5 dicembre 2011

IN PERICOLO IL FUTURO DEI PARCHI


Il prossimo 6 dicembre la legge quadro sulle aree protette, n. 394 del 1991, compie vent’anni. Le aree protette custodiscono gran parte del patrimonio naturale del Paese e importanti testimonianze di cultura millenaria. La strategia nazionale per la biodiversità e gli obiettivi ambientali comunitarie, tra cui Rete Natura 2000, affidano alle aree protette un ruolo strategico per la tutela di beni preziosi come l’acqua, i boschi, la biodiversità e il paesaggio. Rappresentano insomma gli ultimi argini alla svendita e privatizzazione di beni comuni e al consumo irresponsabile di territorio, promuovendo modelli di sviluppo realmente sostenibile per garantire un futuro alle prossime generazioni.
Eppure le aree protette stanno attraversando una crisi senza precedenti: risorse economiche incerte, personale ridottissimo, presidenti senza indennità, burocrazia che ingessa il loro operato, interessi economici che minacciano l’integrità degli ultimi paradisi naturali.
Tutte questioni che non dipendono dall’applicazione della legge quadro, bensì da volontà politiche e da una visione in cui le aree protette sono troppo spesso, e forse volutamente, dimenticate.
Tuttavia si  è scelto proprio questo delicato momento di crisi economica ed istituzionale per metter mano alla modifica della legge quadro. La proposta di modifica originaria, il noto ddl 1820 presentato dal senatore del PDL D’Alì il 13 ottobre 2009, interessava solo le aree marine protette, ma a questa si sono aggiunti una serie di emendamenti e sub emendamenti che riguardano numerosi articoli della legge quadro, fino ad incidere significativamente sull’assetto stesso della legge. Alcune di queste proposte di modifica  ci sono apparse fin da subito particolarmente critiche, come quelle che attengono alla gestione faunistica e al sistema di finanziamento (art. 16 della L 394).
Ma  chi vuole queste modifiche?
Agli emendamenti e ai sub emendamenti sulla gestione faunistica si  sono fortemente dichiarate contrari, tra gli altri,  la Lipu e il WWF, mentre  il parere di  Federparchi  è ampiamente favorevole, anche se all’interno le posizioni paiono contrastanti, come si evince, ad esempio, dalle dichiarazioni di Nicola Cimini, Direttore del Parco nazionale della Majella e presidente del Comitato tecnico scientifico dei Federparchi.
In effetti, le modifiche sono disarmoniche e si sollevano grossi dubbi sulla legittimità di alcuni passaggi che introducono “le attività umane” come oggetto di tutela (per cui è possibile intervenire con il controllo faunistico) e un rinvio tout court all’art. 19 della legge 157/1992 sulla caccia, consentendo l’abbattimento anche di specie particolarmente protette.
La modifica dell’art.16 - Entrate dell’ente parco (emendamento Orsi2.0.300 e subementamenti Ferrante, Della Seta, Di Giovan Paolo, Mazzucconi-Di Nardo), appare addirittura più pericolosa, prevedendo finanziamenti ai parchi da parte dei gestori di opere impattanti (tra cui cave e grandi impianti e infrastrutture energetiche) nelle aree contigue e nuovi grandi impianti che, seppure di energia rinnovabile, abbiano “un impatto ambientale” (come testualmente prevede l’emendamento) anche all’interno delle aree protette; opere ad oggi ovviamente non consentite e che, invece, verrebbero addirittura incentivate. Gli Enti parco vedrebbero dipendere una parte dei propri già scarsi finanziamenti dai soggetti, per lo più privati, ai quali devono rilasciare il nulla-osta (preventivo e vincolante!). Una modifica, insomma, che spalancherebbe la strada alla speculazione anche nei parchi, trasformandoli in nuove terre di conquista, in nome peraltro della green economy (!).
Su queste modifiche il parere di Federparchi è critico, ritenendo che  per una serie di attività vada bene la royalty solo se si limita a quello che ė già esistente oggi. Inoltre, una lettera aperta dell’inizio di settembre alla Commissione Ambiente a firma di 9 associazioni  denuncia i forti rischi derivanti dall’eventuale approvazione di tali emendamenti.
Insomma, queste modifiche non piacciono ai  parchi (rappresentati da Federparchi), non sono volute da Associazioni ambientaliste (come Wwf e Italia Nostra) né dalle componenti tecnico amministrative della gestione dei parchi (Aidap e 394).
Nonostante ciò, anche i Senatori ecologisti del PD, Ferrante e Della Seta, paiono rimanere  indifferenti a tali importanti  segnali che vengono dal mondo dei parchi e dalle associazioni ambientaliste, sostenendo tale dirompente - e con aspetti di incostituzionalità - proposta di modifica.
Una posizione, la loro, che ci appare inspiegabile e in contro tendenza rispetto alla crescente presa di coscienza da parte dei cittadini, espressa anche in occasione del referendum sull’acqua, sulla necessità di rafforzare la difficile battaglia per la difesa dei beni comuni; battaglia che sarà destinata a fallire se non verrà, innanzitutto, riconosciuto e rilanciato il ruolo strategico delle aree protette.

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