“La politica è forse l’unica professione per la quale non si considera necessaria alcuna preparazione specifica.”
A
ben pensarci, non può essere che così: qualsiasi altra interpretazione del
suffragio universale è fallace, menzognera, disutile. Abbiamo appena provato
sulla nostra pelle i frutti di un governo di “sapienti”, di platonica memoria,
ed abbiamo verificato quanto sia antidemocratica ed inutile una simile
operazione, che rischia veramente di far precipitare il Paese in un incubo
(quello c’è già) dal quale non si riesce più ad uscire poiché ipnotizzati dalla
soggezione verso i “sapienti” i quali, come perfidi serpenti incantatori,
continuano ad intessere le trame del loro maleficio.
E’
interessante ascoltare una breve intervista pubblicata dal Fatto Quotidiano
dove (senza saperlo) si confrontano da due diverse sponde Vendola e Cuperlo:
non si tratta, qui, di dare giudizi sulla collocazione politica dei due o
quant’altro, bensì d’analizzare attentamente il testo.
Mentre
Vendola ammette la crisi iniziata nel 2008, ma assegna ai “rimedi” proposti in
sede europea la vera causa del tracollo italiano, Cuperlo è ingabbiato nella
rete europea fino al collo e balbetta soluzioni che – ben sa – essere
impraticabili e di cortissimo respiro.(*)
Osserviamo,
brevemente, l’alfa e l’omega (per adesso) della vicenda:
“Il
piano di intervento (del Piano Paulson N. d. A.), che all'inizio prevedeva una
soglia nominale massima non superiore ai 700 miliardi di dollari,
complessivamente ammontò a 7.700 miliardi di dollari. Tale quantitativo di
liquidità venne immesso sul mercato bancario a tassi vicino alla zero dalla
Federal Reserve, a sostegno delle banche non solo americane, ma anche europee
(come Royal Bank of Scotland e UBS) durante il biennio di crisi 2007-2009.”
Salto
numerose fasi della crisi, per giungere agli effetti finali:
“Nella
notte tra il 28 e il 29 giugno 2012 il Consiglio Europeo nel tentativo di
trovare un argine alla crescente esposizione dei paesi dell'Eurozona (in
particolare alcuni paesi mediterranei tra cui Italia e Spagna che pongono in
veto allo scopo di esercitare pressione sul Consiglio) alla crisi di fiducia
degli investitori, deliberò di implementare l'utilizzo del MES come copertura
dai rischi di rifinanziamento degli stati e di fare del MES, accanto al Fondo
europeo di stabilità finanziaria, un meccanismo di preservazione dall'aumento
incontrollato dei rendimenti dei titoli pubblici, attribuendo agli stessi la
funzione di intervenire acquistando per conto della BCE titoli di debito
pubblico sul mercato secondario, a condizione che il paese richiedente
sottoscrivesse un documento di intesa e si impegnasse a rispettare severe
condizioni. In più venne attribuita al fondo la capacità di ricapitalizzare le
banche senza l'intermediazione dei governi nazionali.” (ibidem)
Ecco:
“a condizione che il paese richiedente sottoscrivesse un documento di intesa e
si impegnasse a rispettare severe condizioni.” Qui sta la radice delle nostre
disavventure: un impegno preso da qualcuno che non era stato eletto a
sottoscrivere qualsiasi impegno per mantenere quella “stabilità” e quei
“rendimenti”.
Quell’uomo
fu Mario Monti.
Insomma,
dobbiamo pagare di tasca nostra per finanziare, e dunque capitalizzare, un
fondo al quale potremmo accedere soltanto pagando un interesse (sui soldi
nostri!) e accettare qualsiasi provvedimento di austerità. Fantastico: è come
pagare l’assicurazione dell’auto e poi, quando hai un incidente, essi usano
quei soldi per concederti un finanziamento, sempre che tu non superi mai più i
90 all’ora, altrimenti ti sequestrano l’auto e tutto il resto.
Oggi,
gli effetti dei subprime americani – ai quali la burocrazia bancaria ed europea
ha aggiunto una serie di “rimedi” che sono peggio della cura – mostra i suoi
artigli.
Il
governo Letta è una ciofeca: ingabbiato fra i veti incrociati, fra gli ex
montiani che non contano nulla in Parlamento – ma dettano l’agenda grazie alle
loro potenti amicizie in Europa, dal Bilderberg alla BCE – fino ai 101
traditori del PD, che affossarono la volontà popolare di gran parte del loro
elettorato per sostenere l’agenda europea, galleggia, ogni tanto beve, ma non
vede l’ora di tornare a riva. Nuotare nel mare della grande politica non è per
loro, s’è capito.
Perché
non stilano una nuova legge elettorale? Prima di tutto perché questa conviene a
tutti gli inciuciatori di questo mondo, e poi perché aprirebbe la via a nuove
elezioni, vade retro satana, sembra di sentirli minacciare.
Quindi,
rimarranno lì fin quando “qualcosa” non li smuoverà: poco probabile un
Berlusconi indebolito, meno ancora un Grillo che s’è incasinato da solo.
Vivacchieranno, fra una batosta e l’altra (per noi): cos’avevate capito?
Nel
frattempo, s’affidano all’alleato di sempre: gli USA. Tutti se ne vanno
dall’Afghanistan – ci pensano persino gli americani! – ma noi restiamo. Ogni
tanto riportiamo a casa un cadavere, ma quando c’è il morto “fresco” non se ne
deve parlare per rispetto, quando il morto è “muffito” passa in cavalleria.
Oh,
scorrendo la lista dei militari italiani morti all’estero c’è da rabbrividire:
morti per fuoco amico, per suicidio, una miriade per incidente stradale,
un'altra bella quota per aeromobili che cascano (oh, ma ‘sti elicotteri
italiani non sarebbe meglio mandarli ad una revisione?), chi è annegato, chi è
saltato su una mina, chi si è sparato da solo per un “incidente”...va beh,
lasciamo perdere.
I
morti, finora, sono 54: sui feriti non ho trovato dati, ma in una guerra sono
almeno cinque volte i morti. Insomma, le perdite di una battaglia.
Qui,
sarebbe già un bel risparmio andarsene perché le cifre ufficiali sono fasulle:
parlano di 1 miliardo l’anno, ma nelle “pieghe” dei bilanci militari si
nasconde altro e si pensa che siano almeno due. Per una guerra che non si può
vincere, ossia una guerra persa: ma questi “volontari” che vanno a morire per
niente, ci pensano?
L’altro
bel capitolo riguarda gli F-35 i quali – fra nazioni che si ritirano dal
programma e dubbi sul velivolo che giungono dall’amministrazione USA stessa –
stanno diventando lo zimbello del terzo millennio. Col russo T-50, in arrivo
intorno al 2015, al costo di un quarto di un F-35 e, sembra, più affidabile.
Ma
l’italia ha bisogno di questi aerei?
Passino
i 30 (versione B) per le due portaerei – ma gli americani pensano di cancellare
proprio la Versione B ad atterraggio verticale – che sarebbero necessari per
giustificare la costruzione delle stesse: insomma, passi la vecchia Garibaldi,
ma la nuova Cavour non si capisce proprio cosa l’abbiano costruita a fare.
In
ogni modo, se la versione B non sarà costruita, le due portaerei rimarranno “a
secco” di aerei: fantastico per una portaerei! Faranno le navi trasporto truppe
per gli americani: garantito.
Gli
altri F-35 “normali” – quelli per l’AMI – non servono ad una mazza: sono ancora
in consegna gli Eurofighter! E poi: una nazione che non riesce più a garantire
reddito e sicurezza sociale, perché va ad impelagarsi in queste faccende?
Questo,
tanto per mettere in chiaro alcuni consistenti risparmi che si potrebbero
ottenere dal settore militare: una forza di “difesa” che è in grado di
“recapitare” senza problemi una bomba ad Herat, ma che non riesce a difendere
Taranto o La Spezia da un’incursione di cacciabombardieri nemici. Ci torneremo
– con argomenti convincenti – in un prossimo articolo.
Il
piatto forte, però, è un altro: inutile girarci attorno, perché stiamo sempre
valutando all’interno dell’esistente, in altre parole non c’allontaniamo dalla
tana.
Proprio
in questi giorni, Silvio Berlusconi fa la voce grossa perché Letta non batte i
pugni a Bruxelles: non ha mica torto, però si dimentica quando fu lui a belare
come un agnellino a Bruxelles. Ricorda?
Il
dibattito, allora, verte su “cosa” dire a Bruxelles, “come” rispondere a
Francoforte, “quali” sono le strategie e le tattiche più incisive.
I
lettori, forse, non meditano abbastanza sugli effetti della crisi greca: io non
ci sto più a sentirmi cittadino italiano ed europeo, mi fa moralmente schifo
che qualcuno – magari a Timbuctu – mi identifichi come appartenente ad una
simile genia.
La
distruzione della Grecia è stata un’operazione pianificata: il debito greco è
risibile, perché allora scatenare una vera e propria guerra contro Atene, per
nulla dissimile dalle sanguinarie occupazioni che Berlino portò avanti in
Europa dal 1939 al 1945?
Una
vicenda neocoloniale tutta interna all’Europa: ecco cos’è la crisi greca, manca
solo un Gauleiter ad Atene e l’occupazione sarebbe perfetta. Ecco un breve,
agghiacciante, brano:
"Le
limitazioni iniziali sono scomparse quando è stata inghiottita la Germania
dell’Est nel 1990. L’allora Cancelliere Helmut Kohl stabilì la linea: “La
Germania ha chiuso con il passato; in futuro potrà apertamente dichiarare il
suo ruolo di potenza mondiale, un ruolo che ora è necessario ampliare.” Il
ministro degli esteri Kinkel fu ancora più chiaro: “Occorre padroneggiare due
compiti paralleli: all’interno del paese dobbiamo tornare a essere un unico
popolo, all’esterno è ora di arrivare a ottenere qualcosa che abbiamo mancato
due volte di realizzare. In accordo con i nostri vicini dobbiamo trovare la
nostra strada verso un ruolo che corrisponda ai nostri desideri e al nostro
potenziale.” Il suo riferimento al doppio fallimento della Germania, che ora
deve trovare coronamento, fu davvero allarmante. Un deputato del partito della
Merkel lo ha recentemente aggiornato: “E’ ora che in Europa si parli tedesco!”
Gli
interessi ci sono, e sono poco visibili.
I
tedeschi iniziarono con l’avventura balcanica subito dopo l’unificazione (non
persero tempo! Giusto un paio d’anni) ed oggi hanno quasi completato la nuova
autostrada Fiume-Dubrovnik, che traversa tutta la ex-Jugoslavia da Nord a Sud. Grazie
al “compiacente” risultato del referendum montenegrino (55,1%, ci voleva il
55%) ottenuto chiudendo improvvisamente le frontiere con la Serbia la mattina
del referendum (molti montenegrini contrari alla separazione stavano per
affluire) ed organizzando, parimenti, viaggi aerei gratuiti dalla Germania per
i montenegrini favorevoli, oggi sanno che quell’autostrada potrà giungere ai
confini con l’Albania.
Quella
è soltanto un nuovo protettorato italiano: non ci vorrà molto a traversarla
(come si ripete, per versi differenti, la Storia, eh?). Dopodichè, ecco la
Grecia: vi chiederete il perché. Diamine! Perché la Grecia possiede un porto
(Il Pireo) piazzato proprio nel centro del Mediterraneo, che accorcia la via
per Amburgo d’almeno duemila miglia!
Anche
i greci lo sanno, e provarono ad intessere trattative con i cinesi ma la
Germania aumentò la pressione del tacco sulla loro testa e furono costretti a
desistere, nonostante il COSCO Group ed il suo manager, Wei Jiafu,
affermassero, all’inizio del 2012:
“Sono
venuto qui per riportare il porto del Pireo al posto che gli spetta. Ci
auspichiamo che entro un anno divenga il principale scalo commerciale del
Mediterraneo. In Cina abbiamo un proverbio: ‘Costruisci il nido e l’aquila
arriverà. Abbiamo costruito un nido nel vostro paese per attirare l’aquila
cinese. Questo è il contributo che vi stiamo offrendo”.
Infine,
c’è un precedente culturale che spaventa. Emir Kusturica, nel film Underground,
presenta un’immaginaria rete stradale sotterranea (che non si deve vedere,
occultata, proprio perché esistente ma d’altra natura, politica) dove transita
un po’ di tutto: mezzi militari, camion civili, profughi. In alto, campeggiano
due cartelli stradali: a sinistra Berlino, a destra Atene.
Che
fare, dunque, di questa Europa oramai egemonizzata dalla Germania, nella quale
aspettiamo, oramai, soltanto di finire paese-satellite, sempre che ci vada
bene? Partiamo dall’euro.
Le
posizioni, rispetto all’euro, sono perlomeno 4:
1)
Dall’euro non si può uscire e va bene così;
2)
Bisogna uscire assolutamente dall’euro;
3)
Bisogna cacciare dall’euro le nazioni più ricche;
4)
Bisogna pretendere da posizioni di forza una revisione dei trattati.
La
prima soluzione è quella sostenuta da gran parte dell’establishment: va bene
così? Trovate voi le soluzioni, senza subissarci di tasse né continuare a
toglierci diritti. Nemmeno il caso di parlarne.
La
seconda soluzione ha una pecca: la metà degli italiani crede nell’euro più che
nel Padre Nostro. Chi li convince della trappola? Un referendum? E quando mai
la Corte Costituzionale lo farà passare!
E’
pur vero che, oggi, c’è più materiale a disposizione, più siti che ne parlano,
ma in Tv quando si parla di uscire dall’euro si viene presentati come dei
nichilisti, gente che vuole soltanto sfasciare tutto. E quel 50%, (molto
variabile secondo i sondaggi, questo è quello più favorevole) prima che cali,
passeranno molti anni, se non decenni.
La
terza soluzione – proposta dal premio Nobel Stiglitz e sposata, in Italia, da
Alberto Bagnai – sembra più avvincente. Bagnai dà per scontato che alla
Germania “l’affare” convenga giacché – tanto per semplificare – ha già
succhiato i Paesi mediterranei fino all’osso e dunque potrebbe abbandonarli al
loro destino.
Attualmente,
però, non sembra questa la politica tedesca: vanno sempre giù più pesante nelle
richieste d’austerità e di rigore di bilancio, ma non sembrano voler mollare la
presa. La Germania ha anche altri mercati oltre all’Europa del Sud: l’euro le
va bene come moneta forte per pagare meno le materie prime, per poi esportare
prodotti tecnologici in altre aree. L’Est, ad esempio, la Russia, la Cina, ecc.
Premetto
di non essere un economista e, perciò, la soluzione di Bagnai deve essere più
articolata: siamo certi che la Germania “molli l’osso”? E se l’area industriale
del Nord Italia (seconda in Europa per mole) facesse gola al punto da non
battere ciglio fino al disastro totale italiano, per poi acquistare per due
soldi? Non dimentichiamo che, sotto sotto, questo era l’obiettivo di Miglio e
della prima Lega Nord, che lo sapessero o no quelli che vanno ai raduni
“cornuti”: per questo, oggi, la Lega non serve più a nessuno.
L’ultima
soluzione sembra la più avvincente, ma ci vuole una forza politica che sappia
quel che fa, la proponga e la porti avanti. Cosa?
Ci
sono alcune cosette che si possono fare prima d’uscire dall’euro: quali?
Anzitutto,
sospendere unilateralmente il trattato di Shengen: si può fare dalla sera alla
mattina.
L’Austria
– come forse saprete – non permette il transito dei TIR stranieri sul suo
territorio: vuoi passare l’Austria? Mettilo sul treno (delle ferrovie
austriache) e paga. Anche la Svizzera opera in questo modo.
Siamo
il Paese che detiene il maggior patrimonio culturale del mondo! E’ patrimonio
dell’umanità! Vogliamo mostrare un paesaggio colmo di TIR in colonna? Giammai.
Basta
una semplice legge:
“I
trasporti autostradali, che non abbiano partenza od arrivo in Italia, non
possono attraversarla, bensì salire sugli appositi treni”. Punto.
Vi
rendete conto di cosa significa?
Gran
parte dell’industria spagnola è in mani tedesche, più l’esportazione spagnola
di frutta e verdura nel centro-Europa: c’è un volume di traffico – da e per la
Germania – spaventoso, di tedeschi e spagnoli. Volete passare? Sul treno, e
pagare. Altrimenti, fatti tutta la Francia per andare a Monaco di Baviera.
Vuoi
entrare in Italia a Trieste per andare in Germania? Stessa musica, altrimenti
passa dall’Ungheria per andare a Monaco.
Siamo
convinti che una “cosuccia” del genere renderebbe più malleabili i tedeschi nel
loro procedere “über alles” per l’Europa. Moooolto più malleabili: se lo fanno
Austria e Svizzera...
In
alternativa, potrete sempre sbarcare le merci nei porti italiani: la legge non
si applica se la merce è in partenza dal territorio italiano.
Insomma,
siamo stufi di questi TIR con targhe di mezzo mondo che intasano soltanto le
nostre strade!
Poi
c’è la questione del patrimonio artistico: è meraviglioso, unico,
stupendo...grazie, già lo sappiamo...
Però
bisogna mantenerlo.
Per
caso – cari europei del Nord – avete mai dato uno sguardo ad una carta
sismologica dell’Europa?
Ma
guarda te...sempre i soliti sfigati...Italia, Balcani e poco altro. Il resto
dell’Europa? Un bel verde rassicurante, mai visto un terremoto.
Capirete
bene che non potete lasciarci “sul gobbo” la responsabilità di mantenere in
piedi tutto questo po’ po’ di “patrimonio culturale dell’umanità”, vero? Sono
certo che ne converrete.
Perciò,
basta una leggina:
“Per
ogni monumento o pregevolezza artistica sul territorio italiano è prevista
un’apposita tassa di salvaguardia per tale patrimonio, da stabilirsi nella
quota del 20% sul biglietto d’ingresso, che sarà immessa in un apposito fondo –
senza possibilità di storno – per il mantenimento del patrimonio artistico. Gli
italiani, o i cittadini che vivono in Italia, ne sono esentati alla
presentazione della carta d’identità o del permesso di soggiorno. In
alternativa, i turisti potranno richiedere l’apposita “antiquities card” alla
frontiera, al prezzo complessivo di 100 euro. ”
E
diamo lavoro a qualche architetto ed operatori di restauro, così il PIL cresce!
Non verrete più perché costa troppo? Siete proprio degli avaracci con una
mentalità anti-europea: ci dispiace, niente Colosseo, Fori Imperiali, Piazza S.
Marco, Piazza dei Miracoli...più qualche decina di migliaia di castelli e
palazzi nobiliari. Bye bye.
Allo
stesso modo – siccome c’è un ampio patrimonio storico subacqueo – è necessario
avere fondi per riportarlo alla luce, mica lasciarlo in mano ai contrabbandieri
d’antichità. Convenite, no?
“Ogni
imbarcazione da turismo straniera che transiti nelle acque territoriali
italiane, e nella zone d’interesse economico esclusivo (24 miglia) è soggetta
ad una tassa di 100 euro.”
Non
sarete mica così meschini da non voler proprio recuperare la nave oneraria
romana sulla quale avete gettato l’ancora del vostro yacht da 30 metri e 10
milioni di euro, no?
Bene,
per ora non c’è altro, ma molto può essere fatto: nell’attesa che gli
economisti trovino il modo di uscire dalla trappola dell’euro, queste cose
possono essere fatte. Qualche legge, forse, ve l’approveranno pure, più
difficile per Shengen e per i TIR. Ma che una simile proposta sia stata
bocciata, seppur a maggioranza, dal Parlamento italiano farebbe già rizzare le
orecchie ai burocrati del Santo Euro.
Forza,
invece di stare lì a trastullarvi con gli scontrini o sulle espulsioni di
questo o quell’altro: siete o non siete “cittadini” inviati dal popolo?