lunedì 8 luglio 2013

QUALE SINISTRA?


Nel febbraio 1991, trova attuazione la cosiddetta svolta della “Bolognina” che scioglierà il PCI, trasformandolo in PDS e provocando una dolorosa frattura all’interno di quello che, fino a quel momento, era il maggior partito comunista dell’Occidente, provocando la fuoriuscita di una robusta minoranza che diede vita a Rifondazione Comunista, forza che si rifaceva ai valori più tradizionali della sinistra storica..
Da allora la storia delle due anime è stata tutta un susseguirsi di svolte e scissioni: il PdS, diventa prima DS (democratici di sinistra) e poi più semplicemente PD (Partito Democratico) in omaggio al sogno americano di Veltroni del bipolarismo all’italiana, e vivendo soprattutto di contrapposizione al berlusconismo imperante, riesce anche ad avere maggioranze risicate in parlamento con la formazione di governi di centro sinistra, in cui, però, di sinistra c’era ben poco, anzi!!!

Dall’altra parte Rifondazione viveva tutte le contraddizioni di una forza politica che non riusciva a rappresentare coerentemente tutte le anime di quella sinistra che si era ritrovata in essa, e, dopo l’esperienza governativa del primo Prodi, inizia una serie di scissioni che, alla propria destra e alla propria sinistra, vede nascere ulteriori formazioni., ricordiamo: “Partito Comunista d’Italia”, “Comunisti Unitari” (confluiti nei DS), “Partito Comunista dei Lavoratori”, più altri minori, fino ad arrivare a quella al momento, più significativa, il “Movimento per la Sinistra” di Vendola (attuale SEL).
In questo quadro solo un osservatore distratto o sciocco poteva immaginare una travolgente galoppata vittoriosa della sinistra in Italia, che, tanto è vero, al governo non ci è quasi mai arrivata e, pur quando c’ è stata, con i governi Prodi, d’Alema e poi ancora Prodi, ha portato avanti politiche proprie della destra liberal-capitalista, vedi leggi sul precariato giovanile, le liberalizzazioni e privatizzazioni selvagge di Aziende e Enti pubblici, le limitazioni ai diritti dei lavoratori e, in ultimo, l’appoggio ai peggiori governi del dopoguerra, quello del Prof. Monti e quello contro natura di Letta nato dall’accordo suicida col nemico Berlusconi.


Così, mentre una parte della cosiddetta “sinistra” ( il Pd) completava la sua metamorfosi genetica trasformandosi in un partito moderato e centrista che, al massimo, poteva rappresentare un’alternanza all’imbarazzante rappresentanza della destra berlusconiana, e, non certo un’alternativa, avendo sposato i tratti più deteriori delle politiche economiche neo-liberiste, dimenticando, non solo Marx, ma anche Keynes, e al di là di qualche sparuto rappresentante e di una parte della base, non può più essere ragionevolmente iscritto ad un’appartenenza politica di sinistra.
Rimane, dunque, a rappresentare i valori fondatori della sinistra in Italia, quella composita galassia che viene etichettata come sinistra antagonista, che va da forze che, si propongono anche come forze di governo (SEL) a forze totalmente aliene da qualsiasi forma di compromesso. Il risultato finale è che la sinistra, in Italia, da oltre 20 anni non è più rappresentata in maniera organica e significativa.
Dunque che fare? Rassegnarsi ad una mera testimonianza d’appartenenza o, come sarebbe auspicabile, riscrivere insieme un nuovo libro di sogni e progetti chiaramente definibili di sinistra? Molti sono convinti della necessità di ciò, ma, invece, di mettersi intorno ad un tavolo, ognuno mettendo in gioco sé stesso e le proprie scelte, si va avanti con progetti individuali che ripercorrono le stesse fallimentari strade del recente passato.
Barca l’ex ministro del governo Monti tenta una sua personale avventura all’interno del PD cercando di recuperare l’originaria anima di sinistra,(mission impossible) ipotizzando un partito che sia slegato dalla gestione della cosa pubblica e dal governo, provocando, inizialmente interesse in Vendola, Rodotà,e altri esponenti, interesse ben presto, però, scemato. Rifondazione e Comunisti italiani (ora Federazione della sinistra) ed altri minori propongono la nascita di un unico soggetto  quasi un nuovo PCI, ma questa strada passerà , quasi inevitabilmente, attraverso nuove divisioni sul ruolo e sulle prospettive di tale soggetto. Ingroia, l’ ormai ex magistrato, dopo il fallimento dell’esperienza di “Rivoluzione Civile”, abbassa il tiro e si propone con la sua “Azione Civile” come riferimento per la sinistra. Contemporaneamente sul fronte sindacal- politico, Giorgio Cremaschi, esponente della Fiom, parte, in questi giorni, con la sua proposta di movimento libertario e anticapitalista denominata Ross@.

Taccio per carità di patria su altri innumerevoli e insignificanti tentativi e vado diritto alla domanda: “Davvero ognuno di questi soggetti crede di venire incontro all’esigenza di rappresentanza dei ceti storicamente ascrivibili alla sinistra o, più realisticamente, si tratta di uno dei tanti capitoli di una storia che ha portato all’attuale agonizzante situazione?
Eppure il potenziale elettorato di sinistra c’è, ed è sempre più ampio, grazie alla crisi e alle leggi liberticide dei vari governi succedutisi in questi anni. Non dimentichiamo che ormai vota poco più del 50% degli aventi diritto ed è in quella sacca di delusione, disillusione, rancore e menefreghismo che bisogna andare a pescare, non lasciare che questa diventi  qualunquismo e venga intercettata esclusivamente da movimenti impalpabilli e improbabili come il M5S o, peggio, da altri più chiaramente razzisti e/o fascisti.
Facendo un’analisi neanche troppo qualificata e approfondita della situazione politico-sociale in Italia, tale deriva non appare, oggi, né assurda e neanche troppo lontana.
Quindi la Sinistra in questo contesto deve essere capace di trovare una sintesi che rappresenti sia il malessere sociale, cui deve dare anche risposte immediate, sia proporre un nuovo modello di sviluppo economico-sociale che metta in discussione  quello attuale.
Dare speranza alle nuove generazioni è un dovere come lo è rassicurare i più deboli e gli anziani, rimettere in moto l’economia privilegiando il lavoro e i lavoratori, rivedere gli accordi economici firmati con la grande finanza europea che stanno strangolando interi popoli e intere nazioni. Affermare chiaramente che la crisi non è dei cittadini e dei lavoratori, ma è una crisi tutta interna al sistema capitalista – liberista e che solo una prospettiva di società basata su uguaglianza e condivisione di risorse e conoscenze è in grado di superare, prendere atto che vent’anni di concessioni di diritti e di risorse economiche al grande padronato e alla grande finanza hanno avuto come unico risultato quello di creare milioni di precari senza alcun ritorno in termini di efficienza e ridistribuzione della ricchezza lasciando l’essere umano alla mercè del cosiddetto “Mercato”. Mercato” che, si sa, non ha cuore e ciò che si dovrebbe fare è proprio questo recuperare un senso etico del far politica usando più cuore e anima e meno calcoli aritmetici basati su uno zero virgola qualcosa in più o in meno alle elezioni. L’unica sinistra che vogliamo è quella capace di disegnare prospettive per il domani ma anche soluzioni per l’oggi, che rappresenti non solo un simbolo da spendere alle elezioni ma un “modus operandi” quotidiano che sia attivo e visibile nel corpo vivo della società là dove è sempre più presente la sofferenza e latita sempre più la speranza. Chi deve fare ciò? Chi deve rappresentare questa sinistra quasi “pastorale”? La risposta è semplice: ognuno di noi, ognuno di coloro che sentono come proprie le sofferenze degli ultimi, ognuno che è testimone d’ingiustizie, ognuno, che abbia voglia di cambiare e non di subire.
La nuova sinistra deve nascere, quindi, dal basso, perché, l’esperienza ci ha dimostrato che le proposte dei politici di professione, ammesso che siano preparati e sinceri, spesso sono tese più a magnificare se stessi e le proprie idee che a rappresentare le istanze dei lavoratori e dei cittadini.

Quindi la sinistra si ricostruisce dalle fondamenta, dal quartiere, dal paese, dalla città, dalle scuole, dai posti di lavoro, con l’impegno quotidiano che porta inevitabilmente a superare quelle differenze spesso più di facciata e di rappresentanza che sostanziali. Bisogna recuperare il senso profondo del definirsi di sinistra che non può essere solo un modo di essere alternativo alla destra ma deve rappresentare quella speranza di cambiamento per la costruzione di una società più giusta e libera che tenga conto non più solo di parametri economici ma anche dell’essere umano nell’accezione più ampia e completa del termine. Che non viva di scomuniche e abiure ma di comunanza d’intenti. Per fare questo c’è bisogno della più grande delle rivoluzioni possibili, quella necessaria  per cambiare noi stessi e le nostre convinzioni spesso sclerotizzate in una visione limitata e settaria che porta a calcoli limitati e spesso meschini. Ognuno nel suo ambito, nella sua organizzazione, nel suo mondo faccia la sua parte senza aspettare messianiche indicazioni dall’alto e ricostruiamo quel tessuto connettivo di solidarietà e di prospettive che da troppo tempo manca.
Utopia? Forse! Ma tremendamente necessaria.


MIZIO

Nessun commento:

Posta un commento