lunedì 22 luglio 2013

BYE BYE PD, LA SINISTRA TI SALUTA




In un precedente post ( http://mmizio.blogspot.it/2013/07/quale-sinistra.html) ho cercato di analizzare quale sinistra possa essere possibile in Italia e i motivi della sua inconsistenza politica negli ultimi 20 anni. Nel fare questo non possiamo fare a meno di analizzare il percorso involutivo del PD in questo periodo. Dalla svolta della Bolognina alla nascita del PdS, dall’appoggio incondizionato e contronatura al sistema elettorale maggioritario, proseguito  con  le ulteriori metamorfosi, prima DS e poi schierandosi  apertamente per il bipartitismo im(perfetto) con la nascita del PD attuale.
Da partito che sapeva coniugare l’azione di lotta e l’azione di governo (come il PCI) si passa, neanche troppo lentamente, a un modello di partito che punta esclusivamente alla gestione del potere.
Cosa legittima, ovviamente, ma che non giustifica la trasformazione epocale del partito arrivata al punto di far dubitare che esso possa aver avuto in un recente passato radici nella sinistra. La scelta del sistema elettorale maggioritario, è la prima e più evidente prova di ciò.
Nel 1953 Alcide De Gasperi promosse e fece approvare la legge 148 che trasformava la legge elettorale vigente da proporzionale a maggioritario, con premio di maggioranza per il partito che avesse superato il 50% dei voti. Il PCI e il PSI si gettarono a corpo morto nella mobilitazione contro la legge, accusarono De Gasperi di aver attuato un colpo di Stato e di voler instaurare una dittatura ottenendo, attraverso il premio maggioritario, il controllo assoluto del Parlamento. Fortunatamente grazie alla mobilitazione popolare, la legge non passò.
E’ vero che all’epoca era ancora fresca l’esperienza fascista e la sensibilità verso poteri troppo forti era giustificata, ma anche oggi il principio ha una sua validità.
Il proporzionale garantiva e promuoveva la rappresentanza anziché la delega, il maggioritario, invece,  non rende più necessario (anzi) una presenza militante e forte sul territorio.
Ecco che allora la mutazione genetica del Partito ha un sua prima chiave di lettura: non più partito che rappresenta valori e interessi specifici collettivi, ma Partito che si propone come modello semplicemente diverso rispetto ad un altro, non puntando più alla mobilitazione e all’informazione delle masse per la sua azione politica ma privilegiando  la tessitura di legami e interessi con i vari poteri, economici, sociali e finanziari.
Chiudono, quindi, gran parte delle sezioni territoriali, le poche che rimangono aperte diventano luogo di sporadiche riunioni tra pochi militanti, penose imitazioni delle partecipate assemblee e attività che caratterizzavano le sezioni comuniste. E cambia fatalmente anche il dna del militante, non più soggetto legato ad un progetto collettivo di cambiamento, ma oggetto legato ad una logica di schieramento e di promozione propria o del proprio capo corrente, soprattutto dopo che all’interno del PD sono confluite forze provenienti da esperienze politiche addirittura antitetiche, rispetto al vecchio Partito. Ex socialisti, ex democristiani, esponenti , perfino, della Confindustria, del capitalismo e del mondo finanziario
Questa trasformazione ha come conseguenza il crollo del rapporto di fiducia tra l’elettore di sinistra e l’ex partito che avrebbe dovuto rappresentarlo, e che, dopo innumerevoli peregrinazioni tra le cento (e forse più) forze che hanno cercato di raccoglierne l’eredità, si è rassegnato e rinchiuso in un’apatica e rancorosa astensione.
E veniamo finalmente ad oggi, in cui assistiamo, esterrefatti al completamento della parabola involutiva del PD.
Presentatosi alle elezioni con una sola chiara parola d’ordine. “Mai con Berlusconi e col PdL”,. Bene, sapete tutti come è finita. Si è detto governo “contronatura”, ma nato dalla necessità di fare quelle poche cose necessarie, per arrivare prima possibile a nuove elezioni. Già dopo pochi giorni, non si parlava più di riforma elettorale, ma si nominavano 40 saggi per studiare le riforme necessarie (anche quelle costituzionali), quindi il limite temporale si spostava già di ulteriori tre anni: Nel frattempo arrivano le condanne per Berlusconi, le vicende Calderoli, quelle del rimpatrio della dissidente Kazaka, tutte cose che in altri tempi avrebbero avuto conseguenze immediate sul governo, oggi, invece, provocano un’alzata di scudi quasi collettiva a difesa dell’esecutivo (primo fra tutti, purtroppo, il Presidente della Repubblica).
In questo quadro appare logica e persino tardiva, la richiesta del PdL a lasciare da parte i temi “divisivi” dei diritti civili e della giustizia, e puntare senza indugio ad un accordo che porti ad un governo di legislatura.
D’altra parte la stessa scelta della  compagine governativa del PD non  faceva presagire nulla di buono: tutti ex democristiani  a cominciare da quel Letta nipote di cotanto zio.
Si ma il PD è un partito aperto, che dibatte, in cui si possono manifestare idee e posizioni diverse. Si, si, ne riparlerete al congresso, ammesso che ve lo facciano svolgere (vedi intervista a Fioroni al Corriere della Sera di ieri).
L’unica salvezza per quei pochi che ancora pensano e si sentono sinceramente di appartenere alla sinistra all’interno del PD è di prendere atto del fallimento. Il PD non sarà mai e, probabilmente, mai lo è stato un partito ascrivibile alla  sinistra, e, scusate, se rischio di urtare la vostra sensibilità, è stato la più grossa iattura per la sinistra italiana.
Il responsabile primo della condizione di subalternità delle posizioni di sinistra nella politica e nella società; della condizione vergognosa in cui sono stati ridotti i lavoratori, i giovani, le donne; della nefasta supremazia della politica economica finanziaria recessiva rispetto al lavoro e ai diritti, tutte cose che un tempo sarebbero state avversate e combattute, oggi supinamente accettate anzi promosse in prima persona, e vedrete che cosa ha in serbo il nostro governo per i prossimi anni.
Ah già che sciocco! Adesso non possiamo far altro, è l’Europa che ci chiede certe cose. Beh in prossimo intervento cercheremo anche di vedere qual è stato il ruolo del Pd nei vari  accordi europei e vedremo che anche là non ha fatto una gran figura, anzi!



MIZIO

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