venerdì 28 ottobre 2011

L’ITALIA E’ UNA FRANA….

 




Come ogni anno è arrivato l’autunno, e, come ogni anno, arrivano anche le piogge, evento non raro e non imprevedibile. E, come succede, ormai, da molti anni, porzioni sempre più vaste e numerose del territorio, vanno sott’acqua, o, meglio, sotto fango, non risparmiando nessuna regione, dalla “avanzata” Padania. all’arretrato Mezzogiorno, dalle  città ai monti e alle coste.
Se, per quanto riguarda l’intensità delle piogge (effettivamente aumentata e concentrata in periodi più brevi negli ultimi anni) la responsabilità dell’Italia è pari e condivisa  con quasi tutti i paesi mondiali per l’insano modello di sviluppo adottato  con grandi cambiamenti planetari e climatici, per le sue gravi e tragiche conseguenze, la responsabilità è tutta nostra. Il laissez faire (interessato e ignorante), tipico dei nostri amministratori pubblici , difetto adottato a sistema in cambio di qualche voto in più, ha avuto effetti devastanti sul territorio. Abusivismo straripante e tollerato, cementificazione selvaggia e irresponsabile, ignoranza totale dei ritmi e delle forze naturali, gestione miope e irresponsabile dei bacini idrici, che non hanno bisogno di commissari e commissioni (con relativi emolumenti) ma di essere lasciati in pace alle proprie caratteristiche naturali. Se si permette la costruzione di edifici nell’alveo dei fiumi, se si asfaltano porzioni sempre più ampie di territorio montano e di pianura impedendo ai terreni di operare nella loro naturale funzione di spugna per l’assorbimento delle acque, e facendo passare queste come opere necessarie allo sviluppo e alla valorizzazione del territorio, il risultato non può certo essere diverso.


Chiunque faccia un giro nel nostro (ex) Bel Paese, non può non notare che l’urbanizzazione selvaggia e senza regole la fa da padrona, dagli orrendi palazzoni costruiti , in molte località, fin sulla battigia del mare, alle strade di penetrazione montane che rendono fruibili e appetibili territori
un tempo raggiungibili solo a piedi, la cementificazione e la regimentazione dei fiumi e torrenti che, in caso di forti piogge, si trasformano in autostrade per l’acqua che, chiusa e senza possibilità di esondare nei terreni circostanti urbanizzati, si abbatte con violenza inaudita su tutto ciò che incontra.
La grande ricchezza dell’Italia è ed è sempre stata il patrimonio artistico e quello naturale paesaggistico. Bene, vedendo ciò che è accaduto e continua ad accadere periodicamente possiamo dire che l’abbiamo dilapidato e continuiamo a farlo (vedi anche i recenti e ripetuti crolli a Pompei), il tutto per un guadagno immediato e speculativo di pochi furbi approfittatori.
Ovviamente tutto ciò, considerando la nostra storia non ha insegnato e continua a non insegnare nulla, difatti si continuano a varare macro e micro piani di “sviluppo del territorio” ( vedi ultimo piano casa della Regione Lazio); sono in cantiere in tutta Italia progetti per la costruzione di decine di nuovi porti turistici che, se va bene, modificheranno le correnti marine con conseguente erosione di spiagge e coste con danni che ricadranno su tutta la collettività in termini di fruizione del bene ed economici per i continui ripascimenti della spiagge. Solo nel Lazio sono previsti aumenti per diecimila nuovi posti barca con ampliamento e/o costruzione di nuovi porti: Anzio, Fiumara Grande, Rio Martino, “Marina di Cicerone” a Formia,,S.Felice Circeo, Ventotene e Capo dell’Acqua a Ponza.


In Sardegna il piano di privatizzazione delle coste prosegue imperterrito: proseguendo sul modello Costa Smeralda, lo Stato e la Regione svendono a cifre ridicole interi tratti di costa che diventeranno off limits per i residenti e i meno abbienti che, si dovranno accontentare di sbirciare da fuori lussuose residenze immerse nel verde della macchia mediterranea a un passo dallo splendido mare sardo. Salvo poi  dover intervenire con mezzi e uomini della protezione civile e dei vigili del fuoco (pagati dalla collettività) quando, gli incendi estivi minacceranno le suddette case.

Valcanale (Bg).

 Vogliamo, poi parlare degli  impianti sciistici realizzati sugli Appennini anche a quote relativamente  basse con corposi contributi pubblici e utilizzati, quando va bene, per 20-30 giorni l’anno, con annessi Chalet” alpini” e strade che hanno cancellato per sempre secolari boschi di faggi, cerri, olmi e carpini. Senza considerare l’annoso e mai risolto problema dei rifiuti che, dopo la Campania e Napoli rischia di travolgere Roma e il Lazio, in quanto alla preventivata (da anni) chiusura di Malagrotta per dicembre prossimo, non si è riusciti a far niente di meglio che riproporre altre discariche “provvisorie”, rimandando sine die la risoluzione del problema.


Per carità di patria non entro nel merito delle ultime scelte governative in fatto di difesa ambientale, essendo una lunga e dolorosa lista di tagli a un settore che già agonizzava di suo.
Rimediare a questo stato di cose è difficile, forse impossibile, ma abbiamo il dovere morale di provarci per rispetto al nostro paese, ai nostri figli e nipoti e a noi stessi. Cominciamo a fare meno i furbi, lottiamo per ogni singolo metro di territorio minacciato, rifuggiamo dal turismo di massa e irrispettoso favorendo un turismo di conoscenza e salvaguardia, valutiamo i nostri rappresentanti anche per il loro impegno nelle lotte e non solo per le loro promesse, e infine non rinunciamo a cambiare questa società basata sullo strapotere finanziario. Un solo ettaro del nostro paese che scompare sotto il cemento, non avrà mai un risarcimento adeguato al suo reale valore, fosse anche di milioni di euro.

Mizio

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