sabato 8 ottobre 2011

TURBOGAS? NO GRAZIE!


CENTRALI TERMOELETTRICHE A TURBOGAS

Impatto ambientale

In Italia sono in fase di progettazione una decina di centrali termoelettriche a turbogas, cioè impianti a ciclo combinato alimentati a gas naturale (metano).
Questi impianti emettono polveri sottili
Le polveri sottili sono particelle di materia allo stato solido o liquido che si trovano sospese nell'aria. Le polveri sottili sono conosciute anche con l'acronimo inglese PM (Particulate Matter). Le particelle sono classificate in base alla loro composizione, provenienza e dimensione. Quanto più sono piccole le polveri sottili, tanto più queste diventano un pericolo per la salute umana. Una volta inalate sono in grado di penetrare nei bronchi.
Le dimensioni delle polveri sottili. Le polveri sottili hanno una dimensione inferiore ai 10 milionesimi di metro (10 micron). Sono particolarmente conosciute le PM10 per via delle normative anti-inquinamento e dei blocchi del traffico messi in atto dalle amministrazioni comunali per ridurre la loro concentrazione nell'aria. Le PM2,5 sono invece meno conosciute ma più pericolose per la salute. Le PM2,5 sono quattro volte più piccole delle PM10 e possono arrivare sino agli alveoli polmonari. Al di sotto delle PM2,5 troviamo le Particelle Ultra Fini (UFP), sono talmente piccole da entrare in circolazione nel sangue e pertanto sono da considerarsi le più pericolose per la salute umana.
Le principali fonti di PM10 sono:
• Sorgenti naturali: l'erosione del suolo, gli incendi boschivi, le eruzioni vulcaniche, la dispersione di pollini, il sale marino
• Sorgenti legate all'attività dell'uomo: processi di combustione (tra cui quelli che avvengono nei motori a scoppio, negli impianti di riscaldamento, in molte attività industriali, negli inceneritori e nelle centrali termoelettriche), usura di pneumatici, freni ed asfalto
Inoltre, una parte rilevante del PM10 presente in atmosfera deriva dalla trasformazione in particelle liquide o solide di alcuni gas (composti dell'azoto e dello zolfo) emessi da attività umane. Nelle aree urbane il traffico veicolare è una fonte importante di PM10.
La nocività delle polveri sottili dipende dalle loro dimensioni e dalla loro capacità di raggiungere le diverse parti dell'apparato respiratorio:
• oltre i 7 µm: cavità orale e nasale
• fino a 7 µm: laringe
• fino a 4,7 µm: trachea e bronchi primari
• fino a 3,3 µm: bronchi secondari
• fino a 2,1 µm: bronchi terminali
• fino a 1,1 µm: alveoli polmonari
Numerosissimi sono gli studi condotti dai ricercatori in tutto il mondo, soprattutto americani che evidenziano un legame tra polveri sottili e/o ultrasottili e nocività.
In genere, le patologie legate all'inquinamento da polveri sottili sono riconosciute essere l'asma, le affezioni cardio-polmonari e la diminuzione delle funzionalità polmonari. La mortalità indotta dalle polveri sottili è oggetto di dibattito.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità, sulla base di uno studio condotto nel 2000 in 8 città del mondo, stima che le polveri sottili siano responsabili dello 0,5% dei decessi registrati nell'anno.
Le nanopolveri inorganiche, entrerebbero nel corpo umano per inalazione (e da qui agli alveoli e poi al sangue e alla linfa), oppure per ingestione.
Tra i disturbi attribuiti al particolato fine e ultrafine (PM10 e soprattutto PM2,5) vi sono patologie acute e croniche a carico dell'apparato respiratorio (asma, bronchiti, enfisema, allergia, tumori) e cardio-circolatorio (aggravamento dei sintomi cardiaci nei soggetti predisposti).[1] [2]
Il meccanismo dettagliato con cui il particolato interferisce con gli organismi non è ancora chiarito completamente: è noto che al diminuire delle dimensioni la possibilità di interazione biologica aumenta, in quanto le più piccole particelle possono raggiungere laringe, trachea, polmoni e alveoli, e qui rilasciare parte delle sostanze inquinanti che trasporta (ad esempio idrocarburi policiclici aromatici, SOx e NOx).
Le cosiddette nanopolveri arriverebbero addirittura a penetrare nelle cellule, rilasciando direttamente le sostanze trasportate, con evidente maggior pericolo. Secondo alcuni ricercatori, esse sarebbero pertanto responsabili di patologie specifiche (studiate nell'ambito della nanotossicologia), ma finora gli studi,oggi ancora ad uno stadio iniziale, non hanno portato ad alcuna prova epidemiologica definitiva.
Non esiste alcuna evidenza sperimentale che tali polveri siano in qualunque maniera eliminate dall'organismo tramite feci, urina o, comunque, organi emuntori. I pochi studi condotti mostrano saltuariamente la presenza di piccole quantità di ioni di metalli estranei all'organismo nelle urine, ma mai di particelle che, anche nelle loro dimensioni più piccole, contengono miliardi di atomi. Gli studi condotti sul particolato inalato dimostrano come questo passi la barriera alveolare entro una sessantina di secondi per entrare nel circolo sanguigno. Da qui agli organi interni, il tempo di passaggio è di circa un'ora. I casi patologici studiati dalla dott.ssa Antonietta M. Gatti e oggetto di diverse pubblicazioni mostrano micro- e nanoparticelle inorganiche sequestrate all'interno di vari organi malati, spesso circondati da tessuto di granulazione.
I macrofagi riconoscono queste micropolveri come dei corpi estranei e li attaccano, ma non sono in grado di metabolizzare le sostanze inorganiche, che quindi rimangono nel corpo umano, creando fenomeni di infiammazione cronica (primo passo verso un potenziale tumore).
Non è ancora chiaro se nel meccanismo è coinvolta la tossicità delle nanoparticelle (e quindi la loro composizione chimica) oppure no. Ad ora, parrebbe che i fattori di maggiore aggressività sia il fatto di essere corpo estraneo e di avere dimensioni tanto piccole da potersi insinuare con facilità nei tessuti. Numerosissime descrizioni di casi clinici umani frutto di osservazione diretta sono riportati nel libro "Nanopathology, the health impact of nanoparticles" di A.M. Gatti e S. Montanari
Riesaminando i dati precedentemente ottenuti si è scoperto come il rischio di maturare una condizione a rischio di gravi crisi cardiache per le persone che vivono in zone di alta concentrazione di polveri sottili è del 24% e non del 12% come si era stabilito in precedenza (rischio 2 volte più elevato).
1) Donaldson K, MacNee W. Potential mechanisms of adverse pulmonary and cardiovascular effects of particulate air pollution (PM10). Int J Hyg Environ Health. 2001 Jul;203(5-6):411-5.
2) Francesca Dominici, PhD; Roger D. Peng, PhD; Michelle L. Bell, PhD; Luu Pham, MS; Aidan McDermott, PhD; Scott L. Zeger, PhD; Jonathan M. Samet.: Fine Particulate Air Pollution and Hospital Admission for Cardiovascular and Respiratory Diseases, MD – JAMA. 2006;295:1127-1134.
3) "The appropriateness of existing methodologies to assess the potential risks associated with engineered and adventitious products of nanotechnologies", SCENIHR 2006

Dott.ssa Stefania Cioschi
Medico Chirurgo

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