martedì 11 ottobre 2011

I RIFIUTI DEL MONDO FINISCONO IN CINA

Lian Jiao



Lian Jiao, cittadina nei pressi della metropoli di Guangzhou (Canton), è la discarica del mondo. Qui arrivano i rifiuti di Stati Uniti, Europa e molte altre nazioni per essere riciclati.
Ogni giorno tonnellate di scarti di supermercati e di manifatture del ricco mondo occidentale arrivano nella città, dove gli operai – soprattutto coppie di coniugi aiutate dai giovani figli – scavano con le mani tra pile di rifiuti. Gli involucri di plastica sono destinati a una vicina fabbrica, che ne ricava sostanze chimiche e versa ruscelli di coloranti e altri scarti in un inquinato fiume che poi si getta nel Pearl River. Quello che non si può riciclare - circa il 20% - è interrato poco lontano o bruciato nei cortili delle fabbriche che emanano colonne di fumo nero nel cielo.
Qui lavorano oltre 30 mila lavoratori migranti delle più povere province, ma molti dopo 2 o 3 anni tornano a casa malati, con febbre, tosse, macchie alla pelle, qualcuno con cancro o malattie polmonari.
Li Lengen, migrante dell'Henan che da due anni lavora nei rifiuti con moglie e figlia, racconta che “nessuno dice quale sia la causa delle malattie, per cui non c'è modo di chiedere un risarcimento o un aiuto [per pagare le spese mediche]. L'inquinamento ti uccide in modo silenzioso e segreto”.
La figlia di Li ha 18 mesi ed è nata qui, dove “il fiume è nero. L'aria è piena di ceneri e pulviscolo. Ogni respiro ti avvelena i polmoni. Ho paura che mia figlia non sia abbastanza forte per sopravvivere, ma dobbiamo restare: nel nostro paese non abbiamo lavoro”.
Un migrante guadagna circa 800 yuan [80 euro] al mese per selezionare la plastica per il riciclo, 4 volte di più di quanto guadagna un contadino. Dopo la scuola anche i bambini aiutano a cercare tra le cataste di rifiuti. Ci sono circa 2 mila piccole ditte che pagano 3 mila yuan per una tonnellata di rifiuti di plastica; poi li puliscono e lavorano e li rivendono alle fabbriche guadagnando circa 500 yuan.
Huang Yintian, 45 anni del Sichuan, racconta che lavora “14 o 15 ore al giorno per 30 giorni ogni mese. Il lavoro è duro e pericoloso e non c'è tempo per riposare. Ma sono vecchio, senza istruzione e con una moglie e un figlio a casa da mantenere. Non torno a casa da due anni perché non posso permettermi il viaggio. Ma non posso fare altro”.
Yang Yichun, migrante di 50 anni, guarda il fiume maleodorante attraversare la città e racconta che “è il fiume più inquinato del mondo. Un giorno è nero, il seguente è blu, quello dopo è giallo, poi rosso, perché le fabbriche vi gettano i coloranti della plastica”.
Dal ricco occidente i rifiuti arrivano a Hong Kong e sono portati qui. Il materiale recuperato è destinato alle fabbriche plastiche del Guangdong. Nei Paesi occidentali sono convinti che con la raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti si protegga l'ambiente dall'inquinamento. Ogni giorno centinaia di tonnellate di scarti che non finiscono nel fiume e non sono bruciate, vengono sotterrate.
Secondo Greenpeace, questa attività di riciclo contribuisce al grave inquinamento di aria e acqua nel Guangdong. Nella regione il 55% delle piogge sono acide e il 20% dei fiumi inquinati.
Edward Chan Yue-fai, attivista di Greenpeace, chiede all'Occidente di controllare come i propri rifiuti siano smaltiti. “La gente – spiega – fa la raccolta differenziata dei rifiuti con le migliori intenzioni, ma non ha idea di cosa accada poi di questi rifiuti. Buona parte dell'inquinamento del Guangdong è dovuto ai rifiuti importati”.
Fonte: asianews.it
http://www.ecplanet.com

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