giovedì 26 maggio 2011

I BAMBINI DI FUKUSHIMA

La Tepco ha annunciato, oggi, che anche nei reattori 2 e 3 c’è stata la parziale fusione del nocciolo. Abbiamo sentito Ernesto Burgio, Coordinatore del Gruppo ISDE-Medici per l’Ambiente.

La notizia non ha nulla di nuovo. Nonostante la comunicazione della Tepco, perché già il 25/26 marzo le notizie sul fatto che ci fosse una fusione almeno parziale nei reattori 1, 2, 3 non solo nell’1, erano emerse con certezza. Tutti e 3 i reattori erano stati abbondantemente innaffiati con acqua di mare già alla fine di marzo, e l’acqua di mare come tutti sappiamo danneggia notevolmente le strutture. Ma quel procedimento urgente ci fa capire che era legato a un inizio di fusione. La Tepco sostiene che la situazione sia abbastanza sottocontrollo. Rimane il dato però che loro stessi già a marzo dissero che le acque degli oceani, dell’Oceano Pacifico nella zona delle centrali, presentava un aumento significativo di radionuclidi. Quindi che ci siano stati degli sversamenti lo ammettono dal 30 marzo. I livelli di radioattività dell’acqua nella zona erano saliti da 1200 a 3000 a 4000 volte sia per lo iodio che per il cesio e per di più proprio qualche giorno fa ho visto il grafico: è vero che è calata la quantità, la densità di questi radioisotopi nelle acque. Però c’è ancora parecchio cesio, che è forse il problema maggiore in questi casi, perché si concentra molto nei muscoli, quindi nelle catene alimentari. Dura molto più a lungo, perché dura decenni, quindi chiaramente bisognerà capire nei prossimi mesi.

In Giappone hanno innalzato i limiti di radiazioni ai quali può essere esposto un bambino. C’è chi sostiene che un bambino ogni 200 si ammalerà di cancro. Ma in casi di radiazioni c’è più rischio per un adulto o per un bimbo?

Questa è una bella domanda, ma è anche complessa. Il problema vero è questo: il modello di esposizione e di valutazione dei rischi è un modello antico, di 50 anni fa. Si continua a valutare la pericolosità della situazione sulla base di un modello prima di tutto disegnato dai fisici e non dai biologi e tanto meno dai medici, che tiene conto della cosiddetta dose totale assorbita e che valuta, ma in maniera assolutamente teorica, a tavolino i rischi come legati direttamente, in modo proporzionale alla dose totale. Questo non ha niente a che vedere con quello che realmente succede. La pericolosità di queste situazioni, soprattutto quando si verificano incidenti, non è legato alla quantità massima di radiazioni emesse immediatamente, che colpisce tutto sommato una parte limitata di popolazione direttamente esposta. Il pericolo è legato alle piccole quantità quotidiane che vengono assorbite da milioni di persone. Per di più, questo tipo di assunzione per via alimentare significa un assorbimento per via interna. Le cellule vengono esposte per anni o decenni a piccole quantità quotidiane di radioisotopi e quindi di radioattività. Nei bambini soprattutto, ma in generale nei soggetti in via di sviluppo, quindi dove gli organi e i tessuti si stanno formando, la tossicità è ancora maggiore. Il fatto che aumentino queste soglie arbitrariamente, proprio per permettere che la situazione non venga paralizzata, è un espediente purtroppo non del tutto inusuale perché perfino in Italia ultimamente con il benzopirene, pensando a situazioni come Taranto, hanno fatto la stessa cosa. Poi c’è stata una levata di scudi, però di fatto anche qui si fanno queste cose. Con l’atrazina è successa la stessa cosa. Quando vedono che una sostanza tossica diventa diffusa, anziché dire la riduciamo, tendono a fare questa follia di alzare i livelli di soglia. Perfino con le centraline nelle nostre città lo fanno, anziché dire: l’Europa chiede una diminuzione progressiva del particolato fine e soprattutto dell’ultrafine che neanche viene preso in considerazione, le cosiddette autorità locali fanno il contrario, tendono a elevare le soglie per lasciare tutto com’è. Ma questo sostanzialmente per una questione di incoscienza e di inconsapevolezza: sono convinti che tutto sommato i danni non sono così gravi. Sui bambini e ancora di più sull’embrione e sul feto queste piccole quantità quotidiane, interferiscono sulla programmazione addirittura dei tessuti. Gli studi che hanno dimostrato l’aumento delle leucemie attorno alle centrali. Ma non è importante l’esposizione diretta dei bambini a dosi massive come si continua a pensare e come continuano le istituzioni a rassicurare dicendo: “beh l’esposizione a dosi piccolissime… “. Le dosi piccolissime quotidiane, soprattutto per via interna, sono proprio quelle più pericolose.

Alcuni oceanografi hanno stabilito che anche l’Atlantico è stato contaminato. Dunque lo sarà anche il Mediterraneo?

Che venga addirittura inquinato l’intero Oceano Pacifico e quindi l’Atlantico e il Mediterraneo, attualmente a me sembra un allarme un po’ eccessivo. Però tutto dipende da quanto dura l’emissione e la diffusione e quindi le capacità di diluizione da parte degli oceani. Sarà da vedere, speriamo di avere la possibilità di ragionare su dati attendibili, perché come dicevamo già le altre volte, è un po’ paradossale, ma noi dobbiamo ragionare sui dati che vengono dati dalla Tepco che sono inevitabilmente riduttivi. C’è un silenzio stampa abbastanza assordante!

Abbiamo dati certi circa l’impatto di Chernobyl sui tumori in Europa?

Rivedendo tutti gli studi epidemiologici a partire da Hiroshima e poi soprattutto proprio su Chernobyl, la quantità di patologie che realmente è stata prodotta direttamente dall’esposizione, quindi sulle popolazioni che vivevano in Ucraina, in Bielorussia e nei paesi limitrofi e soprattutto via, via che la nube è stata studiata più a fondo per quanto riguarda gli effetti e la deposizione in particolare del cesio nelle catene alimentari, è stato verificato che c’è un aumento abbastanza marcato delle leucemie infantili in proporzione diretta. Lì dove è stato trovato un livello alto di cesio, in proporzione sono aumentate le leucemie infantili. Chernobyl è stata un ingrediente fondamentale nell’aumento dei tumori infantili che abbiamo in Italia. Abbiamo addirittura un incremento nel primo anno del 3% dei tumori infantili che in 15/20 anni significa un aumento veramente significativo.
In più c’è per esempio il problema della tiroide. Anche dopo Chernobyl abbiamo cercato di avere i dati sicuri sulle emissioni e sulla diffusione dello iodio 131. Non abbiamo potuto fare nulla, perché i dati si sono saputi dopo anni. I dati ufficiali non arrivavano, erano state fatte delle verifiche in Italia. Che ci fosse un aumento di iodio 131 si sapeva, ma se si fosse potuto sapere in tempo e in maniera continua, avremmo potuto per esempio dare iodio preventivo ai nostri pazienti e secondo me si sarebbero ridotti i danni, invece c’è stato un aumento veramente notevole di patologie tiroidee in tutta Europa e nelle zone più vicine all’incidente. C’è stato un aumento veramente notevole, centinaia di volte, del calcinoma tiroideo infantile che è un tumore raro che colpisce la tiroide perché proprio lo iodio 131 si fissa sulla ghiandola e praticamente produce una proliferazione cellulare neoplastica. Questi sono dati assolutamente sicuri.


di Ernesto Burgio -

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