In
uno dei miei soggiorni in Nuova Guinea ho incontrato un giovanotto di nome Enu
la cui storia sul momento mi ha molto colpito: Enu era cresciuto in una regione
dove l’allevamento dei bambini è estremamente repressivo e i piccoli sono
soggetti a pesanti incarichi e gravati da sensi di colpa. Compiuti i cinque
anni, Enu ne aveva abbastanza di quello stile di vita: ha lasciato i suoi
genitori, la maggior parte dei suoi familiari e si è trasferito presso un’altra
tribù, in un altro villaggio, dove alcuni parenti erano disposti a prendersi
cura di lui. Lì Enu si è ritrovato in una società adottiva nella quale si
allevavano i bambini in maniera estremamente permissiva, all’opposto di quanto
accadeva nella sua società natale. I bambini piccoli erano considerati responsabili
delle loro azioni e potevano perciò fare qualsiasi cosa gli venisse in mente.
Per
esempio, se un bambino piccolo giocava accanto al fuoco, nessuno interveniva.
Di conseguenza, molti adulti in quella società presentavano segni di ustioni
sul corpo, a testimoniare il comportamento nell’infanzia.
Entrambi
questi stili educativi sarebbero respinti con avversione nelle società
industriali occidentali di oggi. Eppure la permissività della società adottiva
di Enu non è eccezionale rispetto ai parametri delle società di
cacciatori-raccoglitori, molte delle quali considerano i bambini piccoli
individui autonomi, i cui desideri non dovrebbero essere mai repressi, e ai
quali si consente quindi di giocare con oggetti pericolosi come coltelli
appuntiti, pentole bollenti e fuoco.
Mi
sono ritrovato a riflettere molto sui popoli della Nuova Guinea con i quali ho
lavorato negli ultimi 49 anni, come pure sui commenti degli occidentali che
hanno vissuto per anni nelle società di clan di cacciatori-raccoglitori,
osservando in che modo crescano i loro bambini. Insieme agli altri occidentali
anche io sono molto colpito dalla sicurezza emotiva, dalla fiducia in sé, dalla
curiosità e dall’autonomia dei membri delle società su piccola scala, non
soltanto quando sono ormai adulti, ma già da bambini. Vediamo che i popoli di
società anche piccolissime trascorrono molto più tempo a parlare tra loro di
quanto facciamo noi e non ne trascorrono affatto in forme di intrattenimento
passivo subito da mezzi come televisione, videogiochi e libri. In particolare
siamo molto colpiti dal precoce sviluppo delle competenze sociali nei bambini.
Queste sono qualità che la maggior parte di noi ammira, qualità che vorremmo
vedere nei nostri stessi figli, mentre di fatto noi scoraggiamo lo sviluppo di
queste qualità suddividendo i bambini per età, dando loro voti, dicendo loro continuamente
che cosa debbano fare. Le crisi di identità adolescenziali che tormentano i
teenager americani non esistono presso i giovani dei clan di
cacciatori-raccoglitori. Gli occidentali che hanno avuto la possibilità di
vivere presso di loro e in altre società su piccola scala ipotizzano che queste
qualità ammirevoli si sviluppino proprio in conseguenza delle modalità con le
quali si allevano i bambini: nello specifico, con incessanti rassicurazioni e
stimoli, con un lungo periodo di allattamento, lasciando dormire per molti anni
i piccoli accanto ai genitori, con una molteplicità di modelli sociali di
allevamento dei bambini più estesa grazie all’alloparenting (“genitorialità
diffusa”, in virtù della quale qualsiasi adulto della comunità si sente responsabile
e assume all’occorrenza il ruolo di genitore, NdT), con molti più stimoli
sociali trasmessi dal contatto fisico continuo e dalla vicinanza di chi presta
loro cure, con tempestivi interventi di chi li alleva quando piangono, e meno
punizioni corporali possibili.
Nelle
moderne società industriali di oggi, tendiamo a seguire lo schema della
lepre-antilope: la madre o qualcun altro in certi casi prende il neonato in
braccio e lo tiene giusto il tempo di alimentarlo e giocare con lui, ma non lo
tiene con sé di continuo. Il neonato trascorre gran parte del tempo durante il
giorno in una culla o in un box e di notte dorme da solo, spesso in una stanza
diversa da quella dei genitori. In ogni caso probabilmente abbiamo seguito il
nostro modello ancestrale dei grandi primati per quasi tutta la lunga storia
del genere umano, fino a circa un paio di millenni fa. Gli studi sugli odierni
cacciatori-raccoglitori invece dimostrano che per tutta la giornata un neonato
è tenuto quasi costantemente in braccio a contatto della madre o di chi se ne
occupa. Quando la madre cammina, il neonato è collocato in appositi dispositivi
di trasporto, come fasce e corde in Nuova Guinea, e alle quali legarli nelle
zone settentrionali temperate. La maggior parte delle tribù di cacciatori-raccoglitori,
specialmente nei climi temperati, presenta un contatto a pelle costante tra il
neonato e chi se ne prende cura. (...) Per molti di noi la sola idea di legare
un bambino a una tavola rigida fissata sulla schiena o di fasciare un neonato è
orribile, o per lo meno lo è stata fino a quando in tempi recenti è ritornata
in voga l’abitudine delle fasce. Il concetto di libertà personale per noi
significa moltissimo e una tavola rigida o le fasce indubbiamente limitano la
libertà personale di un neonato. Siamo propensi infatti a dare per scontato che
una tavola rigida o le fasce ritardino lo sviluppo del bambino infliggendogli
oltre tutto un duraturo danno psicologico. In realtà, tra i bambini navajo che
nei primi mesi di vita sono tenuti legati a questo tipo di tavole e quelli che
non lo sono stati, e tra i bambini navajo tenuti legati alle tavole rigide e i
bambini angloamericani non sono state riscontrate differenze nella personalità
o nelle capacità motorie, e neppure dal punto di vista dell’età alla quale si
inizia a camminare autonomamente. (...) Nelle società su piccola scala gli
alloparent sono davvero importanti in qualità di fornitori integrativi di
nutrimento e di protezione. Da qui gli studi che in tutto il mondo concordano
nel dimostrare che la presenza della “genitorialità diffusa” migliora le
probabilità del bambino di sopravvivere. Ma gli alloparent sono importanti
anche dal punto di vista psicologico, in quanto costituiscono modelli sociali e
influenze sociali al di là dei genitori veri e propri. (...) Di quanta libertà
o incoraggiamento devono godere i bambini per esplorare il loro ambiente? I
bambini possono fare qualcosa di pericoloso, in previsione del fatto che devono
imparare dai loro stessi errori? Oppure i genitori sono protettivi nei
confronti della sicurezza dei propri figli e impediscono loro di esplorare e li
allontanano qualora inizino a fare qualcosa di pericoloso?
La
risposta a questi interrogativi varia da una società all’altra. In ogni caso,
volendo generalizzare possiamo dire che l’autonomia dell’individuo, perfino in
tenera età, è un ideale tenuto molto più in considerazione nelle tribù di
cacciatori-raccoglitori rispetto alle società statali, nelle quali lo stato
ritiene di avere un interesse precipuo nei bambini, e non vuole che si facciano
male facendo ciò che vogliono e proibisce di conseguenza ai genitori di
lasciare che un bambino si faccia male. (...) Naturalmente, non sto dicendo che
dovremmo imitare in tutto e per tutto le modalità di allevamento dei bambini da
parte delle società di cacciatori-raccoglitori. Non raccomando di tornare a
pratiche di infanticidio selettivo tipiche di quelle società, con alti rischi
di mortalità alla nascita, né di lasciar giocare i bambini più piccoli con
coltelli o correre il rischio concreto di lasciare che si ustionino. Anche
altre caratteristiche dell’infanzia presso i cacciatori-raccoglitori – quali il
permissivismo del gioco a sfondo sessuale – ci risultano imbarazzanti, anche se
sarebbe difficile dimostrare che siano veramente dannosi per i bambini.
Tuttavia altre modalità sono ormai adottate da cittadini di società statali, ma
ad alcuni di noi risultano anch’esse imbarazzanti, per esempio lasciar dormire
i bambini piccoli nello stesso letto dei genitori, allattarli fino all’età di
tre o quattro anni, evitare ogni punizione corporale.
Eppure
alcune modalità di allevamento dei bambini delle società di
cacciatori-raccoglitori potrebbero essere adatte alle nostre moderne società
statali. Per noi è del tutto fattibile portare in giro i bambini in posizione
verticale e rivolti verso la direzione in cui si procede invece che in
posizione orizzontale all’interno di una carrozzina, o anche in posizione
verticale ma rivolti verso la direzione opposta a quella in cui si procede
all’interno di un marsupio. Potremmo anche rispondere tempestivamente e
coerentemente al pianto di un bambino, come pure praticare in modo più
allargato la genitorialità diffusa e cercare di creare un maggiore contatto
fisico tra i neonati e coloro che gli prestano cure e assistenza. Potremmo
incoraggiare i bambini a inventare da soli i giochi da fare invece che
scoraggiarli di continuo e fornire loro incessantemente i cosiddetti complicati
giochi educativi. Potremmo organizzare gruppi di gioco con bambini di varie età,
invece di gruppi di gioco di coetanei, e infine potremmo esaltare al massimo la
libertà di un bambino di esplorare, purché sia sicuro farlo.
Ma
le nostre impressioni di maggiore sicurezza, autonomia e competenze sociali
adulte nelle società su piccola scala potrebbero per l’appunto essere soltanto
impressioni: sono difficili da quantificare e dimostrare. Anche qualora tali
impressioni corrispondano alla realtà, è difficile stabilire se siano il
risultato diretto di un lungo periodo di allattamento, della genitorialità
diffusa e così via. Come minimo, tuttavia, possiamo affermare che le pratiche
di allevamento della prole da parte dei cacciatori-raccoglitori che ci paiono
così estranee non sono poi disastrose, e non producono popolazioni di
sociopatici evidenti. Anzi, esse creano individui capaci di affrontare le
grandi sfide e i grandi pericoli pur continuando a godere della vita. Lo stile
di vita dei cacciatori-raccoglitori ha funzionato più o meno in modo
tollerabile per quasi centomila anni di storia del genere umano. Tutti nel
mondo sono stati cacciatori-raccoglitori fino a quando circa undicimila anni fa
non si scoprì l’agricoltura, e nessuno ha vissuto sotto un governo statale fino
a 5.400 anni fa. Converrà pertanto tenere nella giusta considerazione le
lezioni che possiamo apprendere da tutti questi esperimenti di allevamento
della prole durati per un periodo così lungo.
Jared
Diamond
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