Cosa succede in Argentina in questi giorni?
Da
qualche giorno circola in rete (e sulla stampa mainstream) una enorme
eccitazione sull’Argentina e sul suo immediato destino economico. Andrà in
default di nuovo? E’ vero che sta per saltare il sistema? Tutta questa
improvvisa fibrillazione è relativa a un debito del governo argentino che si
riferisce a eventi avvenuti nel 2003 dovuti alla denuncia di un fondo
d’investimenti che non ha riconosciuto le modalità di restituzione argentine.
Ma
perché in Italia se la prendono tanto per un debito (minimo, davvero minimo, di
cifra irrilevante) acceso da un lontano paese sudamericano, circa dieci anni
fa? Una nazione che non fa parte dell’euro, i cui problemi non possono avere
nessun impatto né tecnico né economico con la nostra situazione? A questo
bisogna aggiungere l’enorme diffusione in Italia, sia sulla stampa ufficiale di
regime che sui siti on line, delle
notizie sulle manifestazioni popolari
contro il governo in carica, descrivendo l’Argentina come un paese che sta di
nuovo sull’orlo del collasso economico..
Chi
segue questo blog ricorderà il post nel quale raccontavo una storia, che allora
avevo definito “la guerra tra le due
Cristine”, annunciando lo scontro di fine novembre che avrebbe raggiunto la sua
punta massima a metà dicembre, visto che il Fondo Monetario Internazionale
aveva dato al paese sudamericano la scadenza del 17 dicembre come ultima data
per mettersi in linea con i parametri richiesti dai creditori istituzionali.
E,
negli ultimi giorni, così, all’improvviso, dovunque si è parlato dell’Argentina
e diverse persone si sono rivolte a me chiedendo la mia opinione.
Da
cui il motivo di questo post.
“False
flag”.
E’
un termine inglese che letteralmente vuol dire “falsa bandiera”, ma che
nell’usuale linguaggio della comunicazione sta a indicare, piuttosto, quella che io chiamo “arma di distrazione di
massa”.
Tutto
questa eccitazione sui problemi economici dell’Argentina sono, per l’appunto, a
mio parere, una “falsa bandiera”.
E’
il risultato di questa bulimìa ossessiva, fortemente voluta dagli oligarchi
bocconiani, nell’imporre alla gente l’obbligo di parlare continuamente e
costantemente di economia e di monete e di teorie, cercando di sottrarre il
dibattito (riuscendoci in pieno) alla Politica, al confronto/scontro tra due
interpretazioni del mondo, del mercato, dell’economia e della società che sono
opposte e antagoniste.
In
Argentina è accaduto qualcosa negli ultimi giorni. Sì, è vero.
Ma
non ha nulla a che vedere con ciò di cui tutti parlano.
Sì,
laggiù, qualcosa è accaduto. E anche di molto grosso. E sta accadendo proprio
in queste ore. Ma non riguarda quel debituccio, non riguarda i soldi nudi e
crudi, non riguarda provvedimenti di ragioneria economica e di contabilità
fiscale.
Riguarda
l’economia, questo sì. Ma viene dal mondo della Politica intesa nella sua forma
più pura e migliore. E sta avendo un impatto poderoso non soltanto in tutto il
Sudamerica, ma anche e soprattutto in Usa dove, non appena è arrivata la
notizia, i repubblicani si sono subito scontrati con Obama e hanno interrotto
la trattativa sulle manovre economiche rimandando il prossimo incontro di
qualche giorno. Ma di tutto ciò, in Italia neppure una parola, neppure un rigo,
neppure un accenno, che io sappia.
Non
è certo casuale.
Di
che si tratta, quindi?
Si
tratta dell’approvazione di una Legge dello stato che il senato della
repubblica argentina ha votato in maggioranza (voto trasversale) in data 28
novembre 2012 con 43 voti a favore e 19 contrari, diventando “immediatamente operativa
con applicazione retroattiva al 1 settembre”. Hanno tecnicamente 30 giorni per
renderla applicabile. E la Legge parla molto chiaro: definisce “illegale e
immorale” qualunque forma di speculazione finanziaria sui mercati
internazionali basata sui derivati; abolisce la possibilità tecnica delle
speculazioni finanziarie in borsa perché sottrae a tutte le banche, a tutte le
istituzioni finanziarie operanti nel territorio nazionale, la propria autonomia
sul mercato. Dal 30 novembre del 2012, il parlamento e il governo argentino si
riappropriano della propria economia che individua “legalmente” nella finanza
“il braccio operativo dell’economia di cui deve essere subalterna” e impone
alla finanza di essere sottoposta al totale controllo dello stato centrale in
ogni sua attività.
Così
titolava La Naciòn, il più importante quotidiano argentino (moderato
conservatore) nel dare la notizia che in Italia non mi pare sia stata né
diffusa né diramata.
LA CAMARA DE SENADORES CONVIRTIO EN LEY LA
REFORMA DE LA REGULACION DEL MERCADO DE CAPITALES
Estado
con más poder para proteger el ahorro
Da
oggi lo Stato si fa garante presso i cittadini, di cautelare i risparmi
personali ma si fa soprattutto garante del fatto che le imprese, le società, le
industrie, le finanziarie internazionali operanti in Argentina intervengano in
borsa e sui mercati dei capitali “con l’unico ed esclusivo intento di trarre
profitto da un’attività che però deve avere immediatamente, come riflesso
economico, l’apertura di crediti agevolati alle medie e piccole imprese,
l’allargamento degli investimenti in industrie nazionali e l’assunzione di
nuovo personale per andare all’attacco della disoccupazione giovanile che il
governo considera la priorità assoluta in campo politico, economico, sociale”.
Questo
è avvenuto.
Per
la prima volta in questo nuovo millennio, una nazione capitalista occidentale
si assume la responsabilità politica (fotografate per bene questa parola) di
imbavagliare la finanza, di metterle le briglia sul collo e di fondare il
principio, basato sull’applicazione dello Stato di Diritto, che identifica
nello stato centrale, nel governo e nel parlamento, l’arbitro e il garante
dell’economia; il vero padrone della
finanza non è più il “mercato libero” (l’idea di Zingales, Giannino, Monti,
Passera, Draghi, ecc.) bensì il governatore della banca centrale insieme al
ministro dell’economia, dell’industria e dello sviluppo. “O la finanza capisce
che i soldi servono per sviluppare l’economia allargando il mercato del lavoro,
gli investimenti, dando credito alle imprese a interesse minimo e abbattendo la
disoccupazione, oppure possono anche andare a investire in Europa, in Italia e
in Spagna, se è questo che vogliono. Là li accoglieranno a braccia aperte”.
Così ha dichiarato la presidente Kirchner, nel commentare la più grande
vittoria politica ottenuta da un governo sudamericano nel combattere il
neo-colonialismo dei colossi della finanza al servizio dell’oligarchia
planetaria del privilegio. Chi vuole investire nella finanza speculativa lo fa
attraverso “banche speciali” che
dovranno esporre un avvertimento alla clientela, nel quale si specifica che non
esiste nessuna garanzia internazionale su quell’investimento. Le banche
correnti devono occuparsi di investire i soldi dei correntisti nell’economia
reale, quella delle merci, e non quella della carta straccia; lo Stato
garantisce ogni tipo di risparmio e ogni forma di investimento, purchè si
riferisca all’economia reale.
La
borsa di Buenos Aires (e questa è un’altra bella notizia) ha reagito molto
bene; anche quella brasiliana (che si appresta in brevissimo tempo a varare
identica legge) grazie alla quale vengono aboliti i principi basilari dell’idea
liberista che sta strozzando il pianeta, ovverossia l’egemonia della finanza
sul mercato.
Di
tutto ciò, in Italia non si è parlato.
Ma
non basta, c’è dell’altro.
Ieri,
30 novembre, per tutta la giornata, in Argentina si sono svolti convegni,
manifestazioni e discussioni relativi a un’altra legge che va alla votazione
alla fine della prossima settimana e che riguarda il secondo pilastro della
democrazia e della ripresa economica: la legge sul conflitto di interesse e una
nuova legiferazione nel campo della libertà di stampa, dell’informazione e
delle comunicazioni. Verranno prese misure specifiche per impedire che possano
essere eletti in parlamento soggetti politici legati al mondo
dell’informazione, e soprattutto viene impedito a società finanziarie, banche
d’affari private e grossi colossi finanziari internazionali di poter aggirare
l’ostacolo diventando editori. Chi si occupa di informazione lo fa
costituendosi come “editore puro” attraverso il rischio di una impresa privata.
Il tutto per impedire che la finanza, in maniera subdola (come avviene in
Italia ad es.) usi il proprio gigantesco potere per esercitare pressioni
sull’opinione pubblica al fine di salvaguardare interessi finanziari e non il
diritto alla libertà dell’informazione.
Anche
su questo punto, nessuna notizia in merito.
Sono
entrambi due pericolosissimi precedenti.
E’
la dimostrazione che esistono strade diverse percorribili, opposte a quelle
volute dalla BCE e dal governo italiano, dal PD dal PDL dall’Udc.
A
questo ci potete aggiungere la decisione ufficiale presa dal presidente
dell’Ecuador, Rafael Correa, il quale ha bocciato la richiesta avanzata dalle
compagnie petrolifere locali per nuove trivellazioni, destinando i 300 milioni
di dollari (per loro una grossa cifra) del budget che le lobby del petrolio
erano riusciti a garantirsi e spostando tale cifra per la salvaguardia del
territorio idro-geologico dando vita a tre giganteschi parchi naturali,
all’interno dei quali verranno fatti investimenti nel settore dell’agricoltura
biologica a chilometro zero.
Qui
di seguito, in un post scriptum, in copia e incolla, c’è un articolo apparso
sul settimanale Pagina ½, la pubblicazione più radicale e colta diffusa in
Argentina. E’ un esempio di giornalismo che in Italia non esiste più. Dà la
notizia sulla legge della divisione tra banche d’affari e banche speculative,
senza nessun commento, senza fornire nessuna opinione, raccontando in che cosa
consiste la Legge, come funziona, come si è svolta la votazione, i nomi degli
attori e delle fazioni in campo. L’articolo è quello originale ed è scritto
dunque in spagnolo, ma è di facilissima comprensione anche per chi non conosce
la lingua.
Sono
modalità completamente diverse da quelle seguite in Italia dove la
disinformazione, il narcisismo e l’opinionismo lobbista si sono ormai
sostituiti alla spiegazione dei fatti reali e oggettivi; e così i lettori, spaesati,
confusi, finiscono per non essere mai messi al corrente su ciò che accade in
verità, perché vengono spinti a seguire delle tesi già preconfezionate che
finiscono tutte con lo stesso identico refrain: non c’è alternativa, non si può
fare diversamente.
Non
è vero. Non è così.
Non
esiste nessun campo dell’attività umana in cui non esistano alternative. E’ una
diabolica idea quella di presentare soluzioni come se fossero le uniche a
disposizione.
Per
ritornare in Europa, mentre l’Italia è scivolata nel consueto imbuto popolato
da pecore mediatiche al pascolo, seguendo le vicende delle cosiddette primarie,
in Europa si scatenava un furibondo scontro (in Germania) relativo a Unicredit
e MPS (la più antica banca italiana, Monte dei Paschi di Siena) anche perché il
tutto era relativo alla stessa persona, Alessandro Profumo, già presidente di
Unicredit e attualmente presidente di MPS. Accusato, denunciato e sentenziato
di evasione fiscale in Europa per la cifra di 3,5 miliardi di euro, Unicredit e
Profumo (in quanto mente operativa della questione) se la stanno vedendo con le
banche europee per un gigantesco conflitto di interessi. Mentre all’unicredit
si chiedono i soldi da pagare e Profumo è stato identificato come un evasore
che non rispetta la Legge, Mario Monti, a nome del governo italiano, si è
presentato da Mario Draghi chiedendo il consenso a “sforare” dai dispositivi
sanciti dal Fiscal Compact per far avere –sempre allo stesso Profumo- un nuovo
gettito di 3 miliardi di euro provenienti dalle casse dello stato italiano,
dopo i 24 che ha già ricevuto negli ultimi cinque anni. Essendo il titolo della
banca considerato in borsa “spazzatura” (il titolo che tre anni fa valeva 2
euro in borsa, oggi vale 0,17 euro in borsa) non è ammissibile neppure per
Draghi una cosa del genere. Rischiosissima. Infatti, i greci –giustamente dal
loro punto di vista- hanno immediatamente protestato pretendendo una proroga
del loro debito. E’ andata a finire come ben sappiamo. Non si sa se Unicredit
pagherà o meno ciò che ha rubato e MPS avrà i suoi soldi da investire in nuovi
derivati speculativi a rischio sempre più alto, l’unica possibilità rimasta di
poter mettere un buco alla voragine di una banca tecnicamente già fallita da un
pezzo.
Tutta
la gestione dei rapporti tra istituzioni e banche, tra governo e banche, tra
BCE e banche, portata avanti da Mario Monti e dal PD dal PDL e dall’Udc
finiranno per aumentare nel mese di dicembre il disavanzo pubblico portandolo a
un ulteriore aumento e raggiungendo la cifra di 2000 miliardi di euro.
Qui
in Italia ci portano via i soldi per darli a banchieri evasori che gestiscono
banche già fallite, mentre in Argentina c’è chi ha messo legalmente il bavaglio
alle banche, le ha ammanettate e le ha sottoposte a una rigida, attenta
regolamentazione sotto la custodia, tutela e attenzione della classe politica
al governo in rappresentanza delle istituzioni collettive.
Una
bella differenza.
La
guerra, quindi, prosegue.
Ed
è sempre la stessa, quella tra oligarchi della finanza e i loro oppositori.
Da
noi, ci fanno credere che il problema sia se vince Renzi o se vince Bersani
oppure se Berlusconi si candiderà oppure no.
Sapete
che vi dico? (con il cuore in mano). Se a questo punto c’è qualcuno che pensa
possa essere così, allora vuol dire che ce li meritiamo tutti. Questa è la loro
forza.
C’è
ancora qualcuno che dà loro credito.
Non
lamentiamoci, dunque, se le banche non lo danno a noi, il credito.
Perché
mai dovrebbero? Sergio Di Cori Modigliani
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