Il
New York Times ha pubblicato profili di leader nazionali quali Mario Monti per
l'Italia e Rafael Correa per l'Ecuador. Vorrei invitare i lettori a porre a
confronto il trattamento reverenziale riservato a Monti con quello riservato a
Correa. La prossima volta che qualcuno vi dice che il NYT è un giornale “di
sinistra” potrete fargli vedere quanto si spinga a destra nelle questioni
finanziarie.
http://topics.nytimes.mariomonti
http://topics.nytimes.rafaelcorrea
Il
punto di vista che il NYT manifesta descrivendo Monti come un “tecnico” e
Correa come un “economista sinistrorso” è tipico dei media dominanti.
Sia
Monti sia Correa posseggono dottorati in economia presso università
statunitensi, ed entrambi sono stati docenti di economia. Come mai il NYT
tratta Monti con reverenza e Correa con sdegno? Esiste una serie di parametri
usati normalmente dai media statunitensi nello stilare giudizi di merito nei
confronti di personaggi prominenti e leader nazionali. I media manifestano
grande stima per i leader che mostrano:
1.
Un curriculum di successi
2.
Coraggio e attitudine al comando nel prendere decisioni difficili ma efficaci
3.
Emergere da una situazione negativa attraverso abnegazione e duro lavoro
4.
Ripetuti successi in elezioni democratiche
5.
Attenzione agli interessi dei più bisognosi, piuttosto che dei più abbienti
6.
Iniziative politiche coraggiose e innovative
Un
curriculum di successi
Chi
legga i profili di Monti e Correa non sarebbe in grado di valutare il loro
relativo successo come economisti e leader nazionali, ma questo non
dipenderebbe da una mancato accesso ai dati di fatto. Sotto Monti, l'Italia è
ripiombata in una grave recessione a causa delle politiche autodistruttive di
austerità fortemente sostenute da Monti. La “troika” aveva costretto il
predecessore di Monti, Berlusconi, ad adottare l'austerity, e Monti l'ha
raddoppiata e triplicata. Al tempo le grandi banche hanno realizzato de facto
un colpo di stato che ha costretto Berlusconi alle dimissioni. La Troika ha
spinto l'Italia ad adottare Monti come leader senza passare per le elezioni.
Sotto Monti la disoccupazione è salita all11,1%, e per quel che riguarda i
giovani supera il 36%. Molte delle migliori menti italiane emigrano appena dopo
la laurea. Questo vuol dire che la percentuale del 36% è una sottostima
dell'effettiva disoccupazione giovanile in Italia, dato che non si tiene conto
di quelli che emigrano. L'erosione di una delle maggiori risorse dell'Italia,
la già declinante classe giovanile, nuocerà al paese per decenni.
L'articolo
su Monti si sforza di dare l'impressione che egli abbia condotto un'efficace
campagna contro l'insistenza della Germania sull'austerity. Questo è falso.
Monti non ha ottenuto l'approvazione tedesca nemmeno per un minimo programma di
stimolo fiscale. Monti ha imposto pesanti programmi di austerity che hanno
avuto conseguenze previste da lui stesso – più disoccupazione, più recessione,
più emigrazione.
Nella
carriera di Monti, i recenti fallimenti non sono un'aberrazione. Il suo periodo
come funzionario antitrust merita un qualche riconoscimento, ma la sua attività
riguardo le questioni finanziarie essenziali è un disastro. Egli è un
economista neoliberista che ha appoggiato l'adozione da parte dell'Italia del
difettoso progetto Euro e dell'abolizione di regolamentazioni e supervisioni
finanziarie.
Il
curriculum di Correa è straordinariamente brillante. L'Ecuador non è caduto in
recessione nemmeno al culmine della crisi finanziaria. Si tratta di un
risultato notevole, dato che l'Ecuador utilizza come valuta il dollaro
statunitense, intrattiene intensi scambi con gli USA ed è stato fortemente
danneggiato dal crollo dei prezzi del petrolio del 2008. A partire da quella
data, l'Ecuador ha mostrato una robusta crescita del PIL reale, ha
sensibilmente ridotto la disoccupazione e la povertà, e ha realizzato migliori
ammortizzatori sociali per ridurre la miseria. Il tasso di disoccupazione in
Ecuador (4,6%) è meno della metà di quello italiano (11,1%). Sotto Correa il
tasso di disoccupazione in Ecuador è calato, in Italia, sotto Monti, il tasso
di disoccupazione è cresciuto.
Correa
ha ereditato una crisi debitoria più grave di quella toccata a Monti. Egli ha
utilizzato la sua abilità di economista per negoziare un default e un
riacquisto del debito a un tasso drasticamente ridotto. E lo ha fatto ottenendo
al contempo una forte crescita. L'Ecuador non si è ritrovato tagliato fuori dal
credito. Correa ha convinto la Cina a fare prestiti all'Ecuador dopo il
default, ottenendo il credito di cui il paese aveva bisogno. Egli ha ignorato
la Banca Mondiale (che gli aveva sconsigliato il default) e preso misure per
proteggere le riserve dell'Ecuador, mentre da parte loro gli USA subivano la
Grande Recessione. La mancanza di sovranità monetaria espone l'Ecuador
all'azione dei “giustizieri dei bond”, il che rende il successo di Correa
ancora più impressionante.
È
importante comprendere che Correa ha avuto successo dove Monti ha fallito
perché Correa è un tecnico esperto, mentre Monti resta fedele a dogmi
neoliberisti che si sono ripetutamente dimostrati errati. Monti non è più
tecnico di quanto i ciarlatani che alla fine del XIX Secolo continuavano a fare
salassi fossero veri dottori. La ricetta dell'austerity per “guarire” dalla
Grande Recessione non è un concetto economico – è pura illusione. Paul Krugman
l'ha sottolineato ripetutamente nei suoi articoli sul NYT, ma molti di quelli
che ci scrivono non l'hanno capito. Il profilo di Monti, ad esempio, contiene
capolavori come queste frasi sulla designazione di Monti nel novembre del 2011:
“Ma anche il cambio al governo – e un pacchetto di misure di austerity di 40
miliardi di dollari, incluso un aumento delle tasse e una radicale riforma
pensionistica – non ha tranquillizzato i mercati [finanziari].” L'autore trova
sconvolgente che l'impegno di Monti a gettare l'Italia nella recessione tramite
un'austerity autolesionista non abbia “tranquillizzato i mercati”. Per quale
motivo un giornalista possa pensare che i mercati finanziari (chi presta) si
dovrebbero “tranquillizzare” sapendo che i loro creditori si avviano alla
recessione, va al di là della mia immaginazione.
Le
politiche finanziarie sponsorizzate da Monti prima della Grande Recessione sono
state un fallimento. Il suo sostegno per la deregolamentazione e l'eliminazione
di controlli finanziari, l'Euro, le idee sull'efficienza del mercato sono stati
ulteriori esempi di una concezione economica “teoclassica” .
L'articolo
su Correa, d'altro canto, inizia con una serie di tentativi di dipingere Correa
come spacciatore di discutibili teorie economiche.
“Rafael
Correa, economista sinistrorso, si è insediato come presidente dell'Ecuador nel
gennaio del 2007, aggiungendosi a un numero crescente di leader latinoamericani
giunti al potere opponendosi alle politiche di libero mercato promosse dagli
Stati Uniti e dalle élite tradizionali di quei paesi.”
Non
ho problemi nell'uso del termine “sinistrorso” - anche in un contesto che è
ovviamente concepito per evocare un tono di ostilità. Più precisamente, non ho
problemi se l'articolo facesse tre cose: dichiarare apertamente il suo
preconcetto, agire con coerenza (ad esempio, descrivendo Monti nelle prime
righe come “economista neoliberista”), e condurre un'analisi su quanto
l'approccio “di sinistra” o quello “neoliberista” abbiano ottenuto il miglior
risultato predittivo nel contesto che è al centro dei profili giornalistici. I
profili del NYT falliscono giornalisticamente su tutti i punti.
Il
profilo di Correa, poi, accentua il suo livello di pregiudizio con affermazioni
false e dichiarazioni di grande momento ma prive di qualsiasi spessore
analitico. L'articolo afferma falsamente che le politiche “di sinistra” di
Correa violerebbero quelle di “libero mercato sostenute dagli Stati Uniti e
dalle élite tradizionali [dell'Ecuador]”. Cominciamo dall'assurda affermazione
che le “élite tradizionali” dell'Ecuador promuovano politiche di “libero
mercato”. Il profilo, come genere giornalistico, parla di fatti, al contrario
di un pezzo d'opinione, per cui è madornale che si facciano affermazioni che
farebbero sogghignare qualsiasi ecuadoregno. L'Ecuador è una nazione
caratterizzata da élite politiche ed economiche potentissime, che hanno una
grandissima influenza sul mercato, e che agiscono spesso all'unisono in chiave
anti-competitiva. Ho scritto di recente su come i manager che controllano le
quattro maggiori banche abbiano agito di concerto per costringere il governo a
non aumentare le loro imposte e a non imporre limiti ai loro compensi. L'ultima
cosa che le élite dell'Ecuador vogliono è un mercato competitivo.
Allo
stesso modo, le politiche di deregolamentazione e privatizzazione del
Washington Consensus non producono affatto un “libero mercato”. Negli Stati
Uniti abbiamo appena condotto un esperimento applicando le politiche economiche
teoclassiche del Washington Consensus. Il risultato è stato enormemente
criminogeno. L'epidemia di frodi contabili che ne è derivata ha fatto gonfiare
la bolla ancora di più, e ha prodotto la Grande Recessione. Ha prodotto un
capitalismo basato sulla corruzione – il contrario del “libero mercato”.
Efficaci
normative finanziarie, organi di supervisione e deterrenza penale sono
essenziali per un mercato finanziario “libero”. Quando gli imbroglioni
prosperano le ditte oneste vanno fuori mercato, questo il punto chiarito dal
premio Nobel George Akerlof nel suo celebre articolo del 1970 sul mercato dei “limoni”.
Egli descrive la dinamica “di Gresham”, in cui la cattiva etica scaccia dal
mercato quella buona.
“I
contratti disonesti tendono a estromettere dal mercato i contratti onesti. Il
costo della disonestà, perciò, non assomma soltanto all'ammontare di quanto
viene truffato l'acquirente, ma deve includere anche la perdita derivata
dall'estinzione dell'impresa legittima.”
Il
risultato del Washington Consensus applicato in patria è stato talmente
disastroso che ha portato la maggioranza dell'elettorato al ripudio di tali
politiche. La stessa cosa è accaduta in molti paesi latinoamericani, perché
molti paesi latinoamericani sono stati il banco di prova (fallito) del
Washington Consensus. I fallimenti di questo libero mercato fittizio in America
Latina ha portato molti corpi elettorali a ripudiare quelle politiche e a
eleggere leader che promettevano di opporsi al Washington Consensus. È questa
la mancanza di analisi della prima frase del profilo di Correa: “aggiungendosi
al numero crescente di leader latinoamericani giunti al potere opponendosi alle
politiche di libero mercato...” Il NYT non crede che il fatto che l'esperienza
dei corpi elettorali latinoamericani con le fittizie “politiche di libero
mercato” abbia comportato un fallimento talmente grave e un rigetto talmente
potente per le posticce politiche di “libero scambio” da portare all'elezione
di leader decisi a contrastare simili politiche fallimentari, debba portarci a
un riesame della cinica etichetta “politiche di libero mercato” e del reale impatto
di tali politiche.
Coraggio
e attitudine al comando nel prendere decisioni difficili ma efficaci
L'articolo
su Monti sottolinea vivacemente il suo coraggio e la sua volontà di prendersela
con i potenti per perseguire l'austerity. Ecco uno dei passaggi chiave –
provate a individuare il pezzo mancante in questa supposta azione di coraggio:
“Egli
disse che il suo governo di tecnici non eletti era determinato a costringere
diversi interessi radicati – dai sindacati agli albi professionali al pubblico impiego
– a cedere i loro privilegi, e che quel governo era specificamente qualificato
per realizzare tali cambiamenti proprio perché non aveva un elettorato di
riferimento da proteggere.” Notate il ristretto ventaglio di “interessi
radicati” che Monti attacca – sono tutti lavoratori. Le corporation, in
particolare banchieri e banchieri speculativi che hanno prodotto la crisi
globale, costituiscono il più distruttivo, il più potente e il più radicato
gruppo di interesse in Italia. Monti, d'altro canto, è una creatura
dell'industria bancaria. Suo padre era un banchiere ed egli stesso è stato
consulente della Goldman Sachs. Per il suo gabinetto ha scelto come principale
consigliere economico l'amministratore delegato di una delle maggiori banche
italiane [Corrado Passera].
Chi
sarebbero i principali “tecnici non eletti” di Monti? Monti si è autodesignato
come ministro dell'economia. Ho già spiegato come sia il peggiore dei
fallimenti in veste di “tecnico”. Avrebbe dovuto saperlo. Avrebbe dovuto sapere
che l'austerity avrebbe gettato l'Italia in un'evitabile recessione, ma l'ha
perseguita ugualmente in ottemperanza al dogma teoclassico che osserva e
venera.
Consideriamo
l'accettazione acritica dell'affermazione di Monti che il suo governo di
(supposti) tecnici fosse “specificamente qualificato per realizzare tali
cambiamenti proprio perché non aveva una base elettorale da proteggere”. È
comprensibile che l'ufficio stampa di Monti proponga una simile narrativa, ma
non capisco come un giornalista nel pieno possesso delle proprie facoltà la
lasci passare senza obiezioni. Monti ha provveduto che il suo governo fosse
dominato dai banchieri, in effetti amministratori e consulenti di banche di
primo piano. Il NYT sembra trovare credibile che i banchieri non abbiano una “base
elettorale da proteggere”.
Le
frasi citate sono state scritte dopo che il film Inside Job ha ridicolizzato la
pretesa che gli economisti neoliberisti siano privi di pregiudizi e non abbiano
alcuna “base elettorale da proteggere”, anche se le loro entrate vengono dalla
Federal Reserve, dall'industria o dalle maggiori banche. Anche se si sono persi
il film, i giornalisti sapevano comunque che le dichiarazioni di Monti erano
false. Ecco il passaggio chiave dell'articolo su Monti:
“Angela
Merkel si è ritrovata ad affrontare un tenace avversario: il signor Monti – che
la stessa Merkel ha aiutato a insediarsi al governo.
Il
signor Monti si è rivelato il leader incontestato delle forze “pro-crescita”, e
ha convinto la signora Merkel a intraprendere uno dei passi forse più
importanti verso l'integrazione europea sin dall'inizio della crisi dell'Euro.
Il
signor Monti è giunto a Bruxelles con un piano semplice, basato sulla
consapevolezza che i leader europei potessero difficilmente permettersi di
lasciare il summit a mani vuote. Italia e Spagna, come egli ha alla fine
chiarito alla signora Merkel, avrebbero bloccato qualsiasi accordo – perfino i
patti di crescita da loro pienamente sostenuti – finché i leader europei non si
fossero accordati per far sì che i nuovi fondi di salvataggio dell'Europa
andassero direttamente a ricapitalizzare le banche in difficoltà, piuttosto che
passare per le mani dei governi.”
Una
bella serie di favole pro-Monti elaborate dai suoi addetti stampa e accettate
come oro colato dai reporter del NYT. Consideriamo innanzitutto il sottinteso,
ignorato dai giornalisti, che i giustizieri dei bond abbiano cacciato via il
leader eletto dagli italiani e che la Germania abbia determinato il suo
sostituto. Si tratta di un notevole e oltraggioso sintomo della distorta
democrazia italiana. Merkel ha scelto Monti perché Monti era l'alleato
preferito dei banchieri tedeschi. (Una nazione che ha eletto Berlusconi come
suo leader ha già un grave deficit democratico).
Guardiamo
poi allo stile epico con cui Monti viene descritto nel profilo del NYT. Egli è
un “tenace avversario” delle politiche di austerity di Merkel, ed è il “leader
incontestato” delle forze “pro-crescita”. L'ovvio problema che pone questa
favola montiana è che Monti ha imposto all'Italia l'austerity e ha detto alla
nazione che “non ci sono alternative” ad essa. I giornalisti usano
l'espressione “tenace avversario” in modo orwelliano.
Non
esiste alcun “patto per la crescita” - a meno che i reporter non abbiano anche
qui adottato una definizione orwelliana di “crescita”. Merkel insiste
sull'austerity e insiste che “non c'è alternativa” al rigettare l'Eurozona in
un'evitabile recessione tramite le sue politiche anti-crescita. I giornalisti
citano un solo risultato della supposta tenacia di Monti: “I leader europei si
sono accordati per far sì che i nuovi fondi di salvataggio dell'Europa
andassero direttamente a ricapitalizzare le banche in difficoltà, piuttosto che
passare per le mani dei governi.” Il tutto viene descritto in termini eroici:
“uno dei maggiori progressi verso l'integrazione europea dall'inizio della
crisi dell'Euro”.
L'assurda
“integrazione europea” - l'Euro - mette le nazioni che hanno adottato l'Euro
alla mercé dei giustizieri dei bond, perciò non c'è ragione di auspicare una
maggiore integrazione. E notate che l'ulteriore “integrazione” non è una misura
pro-crescita. È un'iniziativa per salvare le banche. In effetti è una misura
concepita per salvare le banche invece di reperire fondi per le nazioni che
patiscono la recessione. Il supposto atto di coraggio di Monti, viene fuori, è
stato un modo più diretto per la Troika di salvare le banche. La Troika
presterebbe denaro a una nazione in difficoltà con l'intesa che la stessa
nazione userebbe i fondi per salvare le banche. Le banche poi userebbero quei
fondi per comprare il debito sovrano della nazione in crisi. La Troika, le
banche e le nazioni in crisi farebbero quindi finta che tutto vada bene e che
l'austerity sia stata un grande successo. L'impresa monumentale di Monti è
stata questa: la Troika può prestare direttamente alla banche, far finta che
vada tutto bene e proclamare l'austerity un grande successo. Un bella
differenza, no?
Ma
la retorica sul mito montiano non si centra solo sull'analisi che si può fare
degli sforzi di Monti per rendere più facile il salvataggio delle banche. La
questione centrale è che quando si smonta quella retorica viene fuori che i
giornalisti del NYT sapevano benissimo che l'audacia fittizia di Monti voleva
rendere più facile quel salvataggio. Significa che i medesimi reporter sempliciotti
che avevano accettato il mito montiano che un governo non eletto di banchieri
avrebbe operato nell'interesse nazionale dell'Italia perché non aveva “una base
elettorale da proteggere”, quei reporter sapevano che tutto ciò era falso.
Sapevano che la principale strategia di Monti era la protezione della sua “base
elettorale” - le banche - rendendo più semplice il loro salvataggio.
Correa
ha perseguito una politica opposta – e con successo. Ha preso di petto i più
facoltosi e radicati gruppi di interesse in Ecuador, in particolare le banche.
Correa ha affrontato un rischio enorme, sia politicamente sia personalmente,
attaccando quegli interessi radicati. Abbiano o no gli USA fomentato i golpe in
Venezuela e Honduras, hanno comunque mostrato appoggio per i colpi di stato che
dovevano rimuovere leader latinoamericani democraticamente eletti che si
opponessero al Washington Consensus. La politica pro-golpe degli USA ha messo
in grave pericolo la vita di una serie di leader latinoamericani, Correa compreso.
Correa è stato l'obbiettivo di quello che molti osservatori hanno ritenuto un
tentato golpe da parte di funzionari di polizia. Correa si è ritrovato isolato,
in drammatica inferiorità numerica, circondato da una vasta folla di
poliziotti. Egli ha contrastato la loro azione con eccezionale coraggio. Con
l'intento di sventare il tentato golpe, Correa ha affrontato di persona i
poliziotti più aggressivi, sfidandoli a ucciderlo in pubblico. Il suo coraggio
ha contribuito alla sconfitta dei golpisti.
Si
potrebbe pensare che questo avrebbe portato il NYT a lodare il coraggio di
Correa. Al contrario, il passaggio dell'articolo che descrive l'accaduto sembra
voglia sottintendere che i fatti fossero questi: Correa aveva scelto
capricciosamente di fare una gara “a chi strilla più forte” con la polizia.
“La
serie di eventi paradossali ha raggiunto il suo apice nel settembre del 2010,
dopo che il presidente socialista aveva proposto una piattaforma di riduzioni
delle indennità, dando luogo a una rivolta di funzionari di polizia che gli è
quasi costata la vita. L'immagine più vivida che la rivolta ha lasciato non è
stata quella dei protestatari, ma quella di Correa, che si è fatto largo nella
mischia furibonda dei poliziotti in rivolta nelle caserme della capitale, si è
aperto la camicia e ha sfidato i poliziotti a ucciderlo. A momenti lo
facevano.”
Emergere
da una situazione negativa attraverso abnegazione e duro lavoro
Gli
americano adorano le storie del tipo “dalle stalle alle stelle”. I nostri
rappresentanti si vantano delle loro umili origini. Monti è invece uno nato con
la camicia. È il figlio di un banchiere con la disponibilità e i contatti per
frequentare le migliori università italiane e statunitensi (si è laureato a
Yale).
Correa
è il modello di tutto quello che gli USA amano. Suo padre era spesso
disoccupato. Ha lavorato duramente ed è stato in grado di laurearsi in una
buona, ma molto meno prestigiosa università statunitense.
Ripetuti
successi in elezioni democratiche
Monti
non è stato eletto. Nessuno dei ministri da lui nominati è stato eletto. Monti
è stato nominato senatore a vita proprio per permettergli di assumere il suo
incarico. La sua popolarità ha avuto un tale ribasso che i suoi oppositori
l'hanno messo sotto pressione e lui ha annunciato di volersi dimettere.
Correa
è stato eletto nel 2007, rieletto nel 2008, e ha un tale vantaggio nei sondaggi
che è probabile vinca di nuovo. Il suo successo elettorale è ragguardevole
perché ha ereditato la crisi finanziaria globale, e l'Ecuador ha una storia
recente di estrema instabilità politica.
“Nonostante
la rivolta della polizia e le recenti proteste di studenti e gruppi di
indigeni, i sondaggi mostrano che [Correa] mantiene una solida maggioranza di
consensi ed è il leader ecuadoregno più forte degli ultimi decenni. Ha portato
calma e stabilità in un paese che, nel decennio precedente alla sua elezione,
ha avuto otto presidenti, ed è stato rieletto nel 2009.”
Attenzione
agli interessi dei più bisognosi, piuttosto che dei più abbienti
Le
politiche di austerity di Monti hanno danneggiato gli italiani meno potenti e
meno benestanti. Il suo impegno è stato quello di ottenere il salvataggio
finanziario per le maggiori banche italiane, sotto forma di prestiti diretti
della BCE (invece di un salvataggio indiretto, con la BCE che presta ai governi
che poi, a loro volta, prestano alle banche). Questa sarebbe la grande
concessione che avrebbe ottenuto da Angela Merkel. Le conseguenze della sua
politica sono una grave recessione, una disoccupazione in rapida ascesa, una
crescente diseguaglianza ed emigrazione in aumento.
Le
politiche di Correa hanno portato a una maggiore occupazione per un gran numero
di ecuadoregni, hanno ridotto la povertà e migliorato gli ammortizzatori sociali.
I cittadini con meno potere hanno adesso chi li rappresenta.
Iniziative
politiche coraggiose e innovative
I
due profili giornalistici vorrebbero portare il lettore a pensare che Monti sia
l'esempio di flessibilità e innovazione, mentre Correa sarebbe un ideologo. In
realtà è vero l'esatto contrario. Monti viene descritto come il capofila di una
rivolta riuscita contro le politiche di austerità di Merkel, ma in realtà non
ha avuto il coraggio di impiegare misure di stimolo fiscale e di fatto ha messo
in opera le autodistruttive politiche di austerità che Merkel voleva imporre
all'Italia. In effetti Monti ha clamorosamente disinformato gli italiani quando
ha detto loro che “non ci sono alternative” all'austerity.
Il
contrasto tra l'inerzia di Monti e l'audacia di Correa è netto. Correa ha
scacciato la Banca Mondiale dall'Ecuador. Ha scacciato dal paese le basi
militari statunitensi. Ha gestito il default del debito ecuadoregno e il suo
riacquisto con un notevole risparmio. Ha ottenuto accesso al credito con un
grosso prestito dalla Cina. Ha imposto una tassa sulle banche per finanziare
una spesa sociale diretta soprattutto ai poveri.
Ha
realizzato tutto ciò in un contesto in cui rischiava la vita a causa di un
concreto pericolo di golpe, e in cui molti osservatori ritenevano si stesse
giocando la possibilità di essere rieletto. Le politiche coraggiose di Correa
hanno prodotto una grossa crescita del PIL, ridotto significativamente
disoccupazione e povertà, ottenuto la stabilità politica e un forte sostegno di
base.
Conclusioni
Correa
è l'economista che ha dimostrato di avere tutto il necessario: la testa per
fare le giuste scelte di politica economica, il cuore per agire in nome dei
cittadini meno potenti e più bisognosi, il fegato di rischiare la vita per la
sua nazione, e lo spirito per attaccare gli interessi più potenti e radicati
del paese per liberarlo dalla loro venefica morsa. Monti è l'economista che ha
interpretato le maggiori questioni economiche del suo tempo in maniera
totalmente sbagliata. Ha lavorato in nome delle maggiori banche del mondo e
degli speculatori, e dei gruppi di interesse italiani più potenti, ricchi,
distruttivi e radicati. Le sue politiche hanno portato a maggiore
disoccupazione, una recessione evitabile e una grossa emigrazione. Monti non è
mai stato eletto. È stato insediato per mezzo del ricatto delle maggiori banche
mondiali e dell'intervento della Germania. La grande maggioranza degli italiani
si oppone al suo governo e alle sue politiche.
E
allora, come mai il New York Times continua a lodare Monti e a sprezzare
Correa? L'elogio agiografico che il NYT fa del supposto atto di coraggio di
Monti – premere perché la Germania permetta alla Troika di salvare le banche
italiane in modo diretto – è un'ulteriore prova che è impossibile competere con
un'auto-parodia involontaria. I lettori condivideranno comunque la mia opinione
che l'esempio massimo di involontaria auto-parodia che si può trovare i questi
profili è l'affermazione che Monti, un membro dell'élite bancaria che ha facilitato
il salvataggio pubblico delle banche, sia un “tecnico” disinteressato che non
ha una “base elettorale da difendere” proprio perché non è stato eletto ma
designato attraverso quello che de facto è un golpe orchestrato dalle grandi
banche. Il NYT accetta come vangelo la pretesa che membri dell'élite bancaria
come Monti non abbiano interessi propri e non proteggano gli interessi delle
grandi banche che gli hanno procurato ricchezza e prestigio e che lo hanno insediato
al potere. L'Onion non avrebbe saputo
scrivere di meglio.
Bill
Black, autore di The Best Way to Rob a Bank is to Own One (Il Modo Migliore di
Rapinare una Banca È Possederne Una), è professore associato di economia e
legge presso la University of Missouri-Kansas City.
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