"Nel
lungo periodo saremo tutti Monti". (J. Maynard Keynes ft. Chicago Boys)
Parliamo
dell'agenda, quella in pelle di esodato che avete trovato sotto l'albero in
cambio della vostra sudata tredicesima servita per fare un bel regalone alle
banche bollite ed ai fondi salva-stati (come ammette tranquillamente a pagina 2
l'autore Mario Monti, d'ora in avanti Montichino).
Che
poi questa non è un'agenda vera dove segnare appuntamenti e ricette, ma un'agenda
parola inglese, un documento programmatico, direbbe Bersani in piddinese, e
come tale va trattata. Tenendo presente che, siccome quasi tutti i partiti sono
smaniosi di attenervisi nella prossima legislatura, leggendone i contenuti,
anzi i presupposti, possiamo capire ciò che ci attenderà nel breve e lungo
periodo. Prendetelo come un oroscopo del 2013 che ci azzecca, una volta tanto.
E ricordate l'ammonimento di Maynard in apertura.
In
effetti bisogna andare oltre l'avvolgimento in pluriball di bisognafarismo
piddino (merito del volonteroso Ichino, molto probabilmente) e le promesse da
marinai del Titanic tipo "tranquilli, ci salveremo tutti" - che non
parlano di quelli che rimarranno chiusi a chiave in terza classe. Occorre scovare i pochi
concetti fondamentali buttati qua e là che rivelano la vera natura dell'agenda
di rinascita democratica. Ne cito uno che per me vale come abstract dell'intero
programma: "Non si può fare marcia indietro", che si trova a pagina
15 dove, guarda caso, si parla di riforma del lavoro. Qui te lo dicono chiaro e forte usando una
bella metafora da freni rotti. Con loro non c'è scampo. Capito?
Il
Post ha riassunto i trenta punti più importanti dell'agenda. Io ne commenterò
solo qualcuno tra i più inquietanti, a mio parere.
Mi
ha colpito, innanzi tutto, il continuo richiamo a legami, a vincoli con altri
paesi. Non solo l'incaprettamento shibari che ci ha fatto l'Europa con l'euro e
i vari trattati capestro da Maastricht a Lisbona, ma il solito legame con gli
USA che si vorrebbe ancora più stretto, ancora più soffocante. Non c'è un solo
richiamo alla dignità ed all'orgoglio di un popolo sovrano ma un sentore di
necessità di sottomissione a troppi capibranco. Siamo una provincia dell'impero
e ce lo ricordano. Del resto Monti (senza Ichino stavolta) ci si rivolge, sul
sito dell'agenda, con un "cari cittadini", ben diverso da "cari
concittadini". Sono sfumature ma significative.
In
apertura Montichino, il monstrum bifronte metà bocconiano e metà piddino, ci
ammonisce sul nostro ruolo in Europa:
"L’Italia
deve impegnarsi per la creazione di un’Europa più comunitaria, meno
intergovernativa, più unita e non a più velocità. [...] Mercato europeo interno
più integrato e dinamico, maggiore solidarietà finanziaria tra gli stati membri
con condivisione del rischio.[...] L’Italia deve confermare il proprio impegno
nel rispettare le regole di disciplina delle finanze pubbliche." (Un'agenda
per un impegno comune, pag. 1)
Vedano,
noi ci impegneremmo anche volentieri ma, con la zeppa dell'euro tra le ruote
sarà impossibile porre in essere questo vostro fogno, visto che la moneta unica
va a sbattere il grugno contro la teoria delle aree valutarie ottimali e crea
un Europa diseguale divisa in centro ricco e periferia povera. Con la Germania
e i paesi nordici che non mollano di un centimetro la loro posizione di
vantaggio di centristi, conquistata anche a colpi di inadempienza ai trattati
europei che noi invece periferici abbiamo dovuto tatuarci sul braccio prima.di
entrare nell'Eurozona.
Noi
possiamo anche impegnarci ma, spiacenti, non dipende da noi pezzenti
scansafatiche magnamaccheroni choosy terroni che non siamo altro, come racconta
ai kinderminkia tedeschi Mutti Angela, prima di far fare loro la nanna.
"Di
per sé l’Europa non limita i modi in cui si possono perseguire fini sociali e di
equità, ma impedisce di finanziarli con una illimitata creazione di debito. E ci impone di capire che il modello
che abbiamo costruito si sta incrinando sotto il peso del cambiamento
demografico e della sempre più difficile sostenibilità finanziaria."( pag.
17)
Ecce
dogma. Il dogma del pareggio di bilancio, quello al quale si è sottomesso anche
Bersani, facendolo firmare con la goccia di sangue al popolo delle primarie.
Ricordate? "Rispettare i trattati stipulati con l'Europa.... eccetera
eccetera." Ergo, che vinca Bersani o Monti le elezioni, il prodotto non
cambia.
Il
dogma e il moloch al quale si sacrifica il welfare di un paese civile. Infatti
parlano di "ridurre la spesa corrente e gli sprechi", non solo questi
ultimi. La spesa corrente è ciò che fa funzionare lo stato.
In
questo paragrafo c'è il divieto per legge di applicare in futuro qualsiasi
misura economica keynesiana ed è una impuntatura squisitamente ideologica, che
non si fonda su alcun principio ragionevole di teoria economica. Perché la
teoria economica dice invece che il debito di uno è il credito dell'altro e che
il capitalismo stesso si fonda sul debito. Non dicono nemmeno che il debito di
cui parlano, quello che ci fa tanta bua, non è il debito pubblico - visto che i
soldi spesi per la collettività sono sempre per il bene comune - ma il debito
estero, quello che loro vorrebbero incrementare invitando gli stranieri a
comperare i nostri asset per esportarne poi i profitti al loro paese.
E
poi l'elogio delle liberalizzazioni, che si guardano bene dal chiamare con il
loro vero nome: privatizzazioni.
Equivocano
i termini perché ormai anche i sassi sanno che privatizzare i servizi significa
aumento di prezzi e diminuzione della qualità dei servizi. Liberalizzare suona
meglio, del tipo "oh, come siamo liberi di utilizzare energia al prezzo
più alto d'Europa." E in testa, fidatevi, hanno sempre la privatizzazione
della sanità. Cambiamento demografico significa che ci sono troppi vecchi
rompicoglioni, non possiamo campare tutti fino a cent'anni. Mettendo la sanità
a pagamento magari qualcuno schiatta prima. Penso male?
Quando
parlano di "ridurre il debito pubblico fino al 60 per cento del PIL dal
2015" non dicono a quale prezzo per il popolo italiano, visto che si
tratta di un obiettivo praticamente impossibile da raggiungere senza mandare
definitivamente in rovina l'economia italiana. Oltretutto andandosi ad
impegnare i gioielli de nonna al monte per quattro soldi da avvoltoi già con
l'acquolina in bocca.
Così,
quando Montichino dice che "i sacrifici fatti hanno portato a un avanzo
primario che può portare alla riduzione del debito, e quindi a una riduzione delle
tasse" mi dovrebbe spiegare come sarà possibile rispettare il fiscal
compact e allo stesso tempo smettere di mungere a sangue gli italiani, a meno
di non mettersi a stampare euro di nascosto nella tipografia Lo Turco.
Per
quanto riguarda il comparto dell'energia, mi ha colpito questa frase:
"Serve
infine procedere ad uno snellimento e semplificazione della governance nel mondo
dell’energia, riprendendo la proposta di modifica del Titolo V della
Costituzione per riportare allo Stato le decisioni in materia di infrastrutture
energetiche accompagnata dall’introduzione, sulla base dell’esperienza dei
Paesi nordeuropei, dell’istituto del “dibattito pubblico”.( pag. 12)
Non
sembra il discorso di chi vorrebbe mandare in vacca i sacrosanti referendum su
nucleare e acqua e sostituirli con improbabili e vaghi dibattiti pubblici? Una
bella centralona nucleare, seguirà dibattito. Penso male?
Una
delle più urgenti priorità per privati ed imprese è l'accesso al credito.
Montichino così liquida la pratica:
"Incentivare
gli investimenti delle imprese in ricerca e innovazione, con nuovi sistemi di
finanziamento e di accesso al credito." Eh qui bisognerebbe proprio dirlo
che basterebbe che le banche non si andassero a giocare gli sghei al casinò
della finanza. Un "nuovo" sistema di finanziamento potrebbe essere il
ripristino della separazione tra banche commerciali e banche d'investimento ma,
non so se avete notato, nell'agenda di Montichino non c'è una mezza parola su
una qualsiasi regolamentazione della
finanza neoplastica. Anche le omissioni parlano chiaro.
Come
pensa Montichino di favorire l'export? "Semplificando le regole per
favorire le esportazioni delle aziende italiane." Eh, già. Se non ci fossero i doganieri con il
loro: "Chi siete, dove andate? Due scudi!"
L'unico
modo efficace per favorire le esportazioni delle aziende italiane sarebbe
abbassare i prezzi dei prodotti italiani per renderli competitivi, ma non
massacrando i lavoratori mediante la politica della svalutazione interna sui
salari ma svalutando la moneta, una moneta sovrana slegata da vincoli di cambio
fisso.
Il
resto dell'agenda è bisognafarismo a grappolo su temi fondamentali ma trattati
tutti con spiazzante superficialità. Istruzione, Università e Ricerca, ad
esempio, che meriterebbero volumi, si riducono al mero motivare gli insegnanti
meritevoli. E come, chiedendo loro di
lavorare di più a parità di stipendio? E come si misura il merito di un
insegnante, dal numero di note pubblicate sui migliori registri internazionali?
Che
dire del proposito di "detassazione selettiva dei redditi di lavoro
femminile per favorire l’occupazione delle donne, e ridurre la differenza di
genere in ambito lavorativo?" Non si elimina una discriminazione
introducendone un'altra. I lavoratori devono guadagnare uguale salario a parità
di mansione, indipendentemente dal genere. Altrimenti è la solita scatola di
cioccolatini spedita all'elettorato femminile. E la vita non è una scatola di
cioccolatini.
Poi
agenda digitale, energia verde, un'orgia di buoni propositi sulla lotta alla
criminalità, ma, in tutto questo, e in generale su ogni argomenti, non una riga
di banale concretezza su come fare a.
Infine:
"Nei primi 100 giorni del governo occorrerà identificare le 100 procedure
da eliminare o ridurre con priorità assoluta per snellire la pubblica
amministrazione, per avere anche più trasparenza."( pag. 12)
Perché
questa fascinazione maligna per i cento giorni di napoleonica memoria in tutti
i programmi di governo? Non parlava anche Brunetta di qualcosa del genere, o
sbaglio? Perché cento e non 120? Ah, perché allora ricorderebbe le 120 giornate
di Sodoma del Divin Marchese. E poi cento cose: le cento idee in padelle di
Matteo Renzi? Qui Ichino forse si è tradito. Cento e non novanta o duecento.
Cento. Ci dev'essere la cabala di mezzo.
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