mercoledì 20 febbraio 2013

LE STORIE DEGLI SPAZI BIANCHI: "ADELE"


"Spesso ci sono più cose negli spazi bianchi tra le righe, che nelle parole".

Adele era una vecchia, o, perlomeno, così appariva agli occhi di noi fanciulli. Vecchia d’anni e di dolori, viveva sola, in una casa più simile a un tugurio che a una dimora. Lontana in maniera abissale da quelle immagini di lindore ed ordine con cui la pubblicità dei detersivi ci mostrava le case delle nonne. Più simile, per noi, all’antro scuro e tetro delle streghe delle fiabe. E proprio come una strega o una befana, appariva a noi Adele. Al punto che rappresentava una prova di coraggio avvicinarsi all’uscio e sbirciare dentro quell’unica stanza che era tutta la sua casa. Era costantemente immersa nel buio e gli occhi non facevano in tempo a regolarsi nella messa a fuoco per la poca luce, che il coraggio veniva meno, e, soddisfatti per l’audacia dimostrata si scappava sghignazzando con un occhio alle spalle per il timore di essere inseguiti da chissà quali demoni.
L’altra cosa che colpiva era l’odore, in quella casa non si respirava mai odore di cucina o di pulito, prevaleva quello di vecchio e ammuffito, tipico delle case chiuse e disabitate da anni.
Ma quella non era disabitata, Adele c’era ed era viva e sola!
Di quella solitudine che fa male solo a pensarla, e che, noi nella perfida innocenza infantile vestivamo di chissà quali misteri

Da quel comignolo non usciva mai fumo, segno che neanche d’inverno si scaldava, facendosi bastare le coperte e i vestiti smessi che alcuni vicini di buon cuore le portavano insieme a qualcosa da mangiare.
Usciva pochissimo, qualche volta per andare a messa, quella vespertina, meno affollata, in cui la sua presenza sarebbe passata più facilmente inosservata, e, una volta al mese per andare alla Posta a ritirare la misera pensione sociale.
Dai discorsi orecchiati dai grandi sapevamo che, forse, era stata anche felice un giorno, con un compagno e dei figli, due o tre, sul numero non c’era certezza.
C’era la guerra e il suo compagno era uscito per il suo quotidiano giro alla ricerca di un lavoretto qualsiasi che gli permettesse di non tornare a casa a mani vuote. Era prudente e attento, ma non più di tanto, perché sapeva che l’unica sua colpa era di avere fame e che, se anche l’avessero fermato le pattuglie tedesche o fasciste, non poteva essere accusato di alcunchè, essendo l’unico suo interesse e impegno quello di provvedere ai bisogni della sua famiglia.
Quel giorno, però, qualcosa dovette andare storto, perché, come raccontarono alcuni testimoni ad Adele, fu visto spintonato da soldati tedeschi e costretto a salire su un camion insieme ad altri per destinazione ignota.
I giorni seguenti Adele li passò alla febbrile ricerca di notizie, sbattendosi da un ufficio a una caserma, ma, la sua condizione di donna, perlopiù povera, non era sufficiente a smuovere interesse, soprattutto in quei mesi di estrema confusione.
Passarono i giorni, i mesi, gli anni e Adele non seppe mai cosa fosse successo al padre dei suoi figli, arrivando a pensare anche, che la guerra potesse essere stata una buona scusa per scappare via da famiglia e responsabilità  per godersela, magari, con una nuova compagna chissà dove.
Passarono gli anni e passò anche la legge che, pure nell’ Italia Repubblicana e democratica, non tollerava la miseria, arrivando a toglierle l’unica cosa rimasta: i figli!
Altri giri, altri uffici, altre speranze vanificate dalla sua condizione di povertà.
Qualche funzionario un po’ più sensibile la consolava dicendole che, alla fin fine era meglio così, almeno loro, i figli, avrebbero avuto un futuro e una possibilità nella vita.
Da allora la sua unica compagnia fu la solitudine, avendo perso anche quella della speranza, e attraversando chissà quali percorsi e vicissitudini era arrivata fino a quel tugurio, impropriamente chiamato casa, coabitando con se stessa e i suoi fantasmi.
Fu di notte, era settembre, fummo svegliati da urla disperate di donne, di uomini, latrati di cani. “Hanno ferito Adele correte!”
Adele, chi? Perché?
Fu trovata in un angolo della sua casa, respirava a malapena, al consueto odore di sporco e chiuso si era aggiunto quello del sangue e della paura.
Tre balordi si erano infilati in casa, attirati probabilmente dalla misera pensione ritirata da poco, e, non trovandola, infastiditi dalle urla di Adele l’avevano picchiata prima di fuggire.
Il suo corpo e la sua anima provati già da mille dolori e privazioni pensarono che quella fosse una buona occasione per liberarsi delle pesanti catene impostele dalla vita.
E mentre si aspettava l’arrivo dell’ambulanza con la casa piena di persone, Adele fece un sorriso e un cenno di saluto a tutti i presenti. Poi un colpo di tosse fu l’ultimo sussulto di vita prima di volare via.
Era contenta in quel momento Adele! Dopo aver vissuto mille vite da sola, era riuscita a morire in compagnia.

MIZIO

Nessun commento:

Posta un commento