martedì 19 febbraio 2013

TUTTI PARLANO DI LAVORO MA NON DEI LAVORATORI





Io toglierò l’IMU, io abbasserò le tasse, io darò 4 milioni di posti di lavoro, io sarò onesto, io sarò, io….. bla bla bla…..
Si avvicinano a grandi passi le elezioni in Italia, siamo sommersi da sondaggi, proiezioni, aspettative e, naturalmente da un diluvio di promesse.
Gli stessi che pochi mesi fa hanno approvato tutto quello che il governo tecnico ha messo in atto senza discutere, sono gli stessi che adesso promettono, s’impegnano a ridurre le tasse, promuovere la scuola e la sanità pubblica, rilanciare l’economia e creare posti di lavoro soprattutto per i giovani.
Finchè il giochetto lo fa chi lo ha sempre fatto, e mi riferisco al giullare di Arcore, rientra nell’ordinario. Ha sempre sparato castronerie e continuerà a farlo, è insito nella sua natura, ma che lo facciano anche esponenti che hanno fatto della sobrietà e del senso di responsabilità il proprio credo vuol dire che siamo veramente alla frutta.
Per fare credibilmente tutto ciò che si promette ci sono essenzialmente solo due strade: O sganciarsi e ricontrattare gli accordi finanziari ed economici con l’Europa tecnocrate e finanziaria, cosa che nessuno pare intenzionato a fare (e neanche potrebbe visto che l’hanno firmati e sponsorizzati loro).
L’altra strada che tutti indicano come la necessaria e unica percorribile è quella “riformista”.
Riforme, già! Magica parola che mette tutti d’accordo, peccato, però, che tutti le intendano a senso unico nel rigoroso solco del liberismo economico , lo stesso che ci ha condotto negli ultimi venti anni alle attuali condizioni.
Ecco, quindi, la ricette proposte in varie salse, da quasi tutti gli schieramenti di Centro, di destra e di “sinistra”, per uscire dalla crisi e rilanciare l’economia creando milioni di posti di lavoro:
-privatizzazioni e liberalizzazioni, argomento valido per tutte le stagioni peccato che abbiamo già visto il benefico effetto che le privatizzazioni e le liberalizzazioni già effettuate nei precedenti anni  hanno avuto rispetto ai risparmi di spesa (nulli), al miglioramento dei servizi per i cittadini che pagano di più un prodotto peggiore (vedi trasporti, servizi locali, gestione dell’acqua, dell’energia ecc. ecc.) e soprattutto all’impatto devastante nei confronti dei lavoratori di tali settori, sempre di meno, sempre meno pagati, sempre più sfruttati.
-diminuzione della spesa pubblica, e su questo possiamo essere d’accordo a patto che si inizi con la diminuzione del costo della politica, e non solo in termini di finanziamenti pubblici ai partiti ma soprattutto riguardo quella massa di miliardi di euro che annualmente la classe politica gestisce disperdendola in mille rivoli  a causa di scelte sbagliate, ruberie, clientelismo, corruzione. E, come si è visto nel recente passato, non è sufficiente il decentramento e il federalismo che, anzi, hanno favorito in maniera esponenziale tali pratiche criminali.
Se poi i tagli riguarderanno, come è stato finora, i servizi e in particolare la sanità e l’istruzione, cadremmo nella stessa trappola delle precedenti riforme, pochi risparmi, molti profitti per pochi, servizi peggiori e sfruttamento dei lavoratori.
-S-vendita del patrimonio pubblico immobiliare e non! Questa, poi, è veramente risibile. In un momento in cui c’è la peggiore crisi in campo immobiliare da decenni,  immagino che più che vendite di caserme, edifici e aree pubbliche, sarebbero svendite a favore probabilmente dei soliti noti, che ne approfitterebbero per le solite speculazioni edilizie. Cosa di cui in Italia, come ben sappiamo, siamo assolutamente carenti. Questa operazione appare molto simile a quelle effettuate dalle vecchie famiglie nobiliari che, incapaci di riciclarsi in attività lavorative, pensarono bene di vendere i gioielli di famiglia per garantirsi lo stesso standard di vita, solo che i gioielli a un certo punto finirono e si ritrovarono in braghe di tela. Insomma questa sarebbe un’aspirina data a un malato terminale per fargli passare, nella migliore delle ipotesi, la nottata in attesa del miracolo!
- Poi ci sono incentivi per le imprese con sblocco di finanziamenti (sempre per le imprese), revisione (ancora!) dello statuto dei lavoratori e dell’età pensionabile, aggiustamenti tecnici per risparmiare ancora qualche centinaio di milioni di euro, sempre a danno dei cittadini più deboli.
A parte qualche sparuta voce nel deserto, in tutto questo parlare di riforme, di lavoro che manca, che si promette, che, forse, ci sarà, non si parla mai del soggetto principale: il lavoratore!
Da quando la classe operaia (e/o impiegatizia) è diventata un soggetto alla mercè dei mercati e dei mercanti, indifesa da quegli organismi che, istituzionalmente, l’avrebbero  dovuta difendere, pronti a firmare qualsiasi accordo in nome della pax sociale è finita in fondo alle agende di lavoro di qualsiasi soggetto politico. Si approvano riforme che producono miseria e disperazione, salvo, poi litigare sul numero dei disperati creati, si tolgono tutele, salvo poi presentarsi a quegli stessi soggetti  che hanno tradito, chiedendo loro i voti  in cambio di generici impegni  a creare posti di lavoro, naturalmente meno pagati e più produttivi!
Il lavoratore è una persona con le prerogative in termini si diritti di qualsiasi altro essere umano, con gli stessi bisogni, con le medesime aspettative. Non può essere trattato alla stregua di una merce o di una voce di bilancio. Qualcuno in campagna elettorale sta dicendo:” al centro ci sei tu”. Per il lavoratore il rischio è che diventi sempre più il centro si, ma del bersaglio!


La maledizione divina che da millenni si abbatte sui lavoratori prima schiavi e poi liberi di farsi sfruttare, solo per pochi decenni mitigata dall’affermarsi delle teorie socialiste e marxiste, che ne avevano migliorato le condizioni di vita e, apparentemente, anche la considerazione sociale si  è ripresentata con nuove forze negli ultimi venti anni  facendo tornare indietro di secoli  la lancetta dell’orologio  del diritto. Il lavoratore non è un essere umano, è una voce di bilancio e un rischio d’impresa. Non è un potenziale da promuovere ma una risorsa da sfruttare al minor costo possibile. E poi se non arriva a fine mese è un suo problema non il nostro.
Noi abbiamo messo in piedi per i casi più estremi un sistema di Welfare (progressivamente e rapidamente in via di smantellamento), che somiglia tanto alla carità pelosa di alcuni credenti praticanti. Utile solo a tacitar le coscienze (ammesso che ce l’abbiano). Io sogno e lotto per una società senza welfare, ove tutti abbiano la possibilità di vivere degnamente e con soddisfazione del proprio lavoro. Lavoro che, deve essere al servizio delle persone e non il contrario premiando merito e capacità ma non svilendo i più timidi o meno capaci!
Tra i Berlusconi di turno e l’ultimo operaio metalmeccanico il rapporto economico non può essere di un miliardo a uno, pur riconoscendo maggiori capacità e, quindi, una maggiore redditività al primo.
Ma per fare ciò è assolutamente necessario non abboccare all’esca presente su tutti gli ami di coloro che sono a pesca di voti. Trattasi di inganni, spesso ben confezionati, ma sempre inganni sono, soprattutto quelli presentati da chi, ora a parole  promette contraddicendo i fatti compiuti fino a poco tempo fa.
Il cambiamento per i lavoratori e, direi per l’uomo in genere, non può venire da questi personaggi buoni per tutte le stagioni, eterni Badoglio pronti sempre a cambiare bandiera e schieramento a seconda della convenienza.
E’ vero che essi sono lo specchio del paese, gli italiani sono purtroppo spesso i migliori complici di chi li governa, preferendo l’illusione di un beneficio immediato personale a scelte che comportino miglioramenti collettivi. Basti pensare che in qualsiasi altro paese un Berlusconi starebbe forse in galera, non certo a monopolizzare l’attenzione dei media su una sua rimonta elettorale.
D’altra parte se l’opposizione a tale situazione si tradurrà come è probabile, in un’affermazione del voto “utile” (a chi?) e dell’opposizione parolaia e demagogica di Grillo e dei suoi registi in cui la rabbia e il diluvio d’invettive offusca la carenza di proposte in termini di lavoro e diritti, in cui si afferma il superamento del concetto di destra e sinistra (argomento caro ai padroni e ai fascisti), vuol dire proprio che questo ci si merita!
La persona, il lavoratore, il giovane, la donna devono essere al centro di qualsiasi proposta, non come oggetti ma soggetti, superare le divisioni si, ma in senso di maggiore giustizia e sbilanciandosi fortemente verso i più deboli e non in maniera acritica e ipocrita. Ricordiamoci che, se è vero che siamo tutti sulla stessa barca, pochi sono sul ponte superiore a prendere il sole, altri, i molti, sono nelle stive a lavorare e remare.
Non permettiamo il formarsi di nuovi greggi di pecore, siano essi guidati da “responsabili” o, al contrario,da sfascisti. Ognuno sia responsabile delle proprie azioni e delle proprie scelte, ma al centro non metta solo la rabbia o l’interesse personale ma, utilizzando gli strumenti di cui tutti siamo stati forniti dalla natura o dal creatore (istinto, intelligenza e coscienza), si operino scelte che vadano nella direzione di una nuova società con al centro non il lavoro o il profitto ma i lavoratori e le persone!

MIZIO

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