lunedì 6 giugno 2011

Terza via possibile?




Buttato a mare, come rifiuto tossico, il comunismo e con lui qualsiasi idea che, solo lontanamente, potesse avvicinarsi a concetti di collettivizzazione, è rimasto come unico modello di società organizzata il capitalismo nelle sue forme più deteriori: liberismo economico e globalizzazione.
Con governi e rappresentanze politiche continuamente impegnate a rafforzare e a non mettere in discussione questi assiomi, ormai diventati dogmi non contestabili e con le rappresentanze dei lavoratori (sindacati) ormai trasformate in organismi autoreferenziati, tesi esclusivamente alla riaffermazione, rinunciando passivamente a conquiste e forme di tutela dei lavoratori, della propria esistenza.
I risultati di questi ultimi venti anni di “liberi tutti” sono sotto gli occhi di ognuno. E’ enormemente aumentato il divario tra le classi sociali nei paesi più sviluppati; nei paesi in via di sviluppo, alcuni hanno intrapreso la stessa strada (Cina, India, Brasile), altri sono ai nastri di partenza, pronti a lanciarsi, anche loro, in questa folle corsa che , avrà, come traguardo, probabilmente, la fine della società, almeno nelle forme come noi la conosciamo.
Pessimismo? No, semplice realismo. Questo tipo di sviluppo prevede l’aumento costante e continuo dei consumi, che, è vero producono ricchezza (per pochi), ma impoveriscono drammaticamente le risorse di madre Terra che non sono infinite, spazzano via culture e tradizioni millenarie, banalizzando le esistenze della stragrande maggioranza degli esseri umani trasformandoli in Homo operarius e Homo consumatoris, stravolgono clima e ambiente del pianeta con effetti, a tutt’oggi, difficilmente prevedibili, ma sicuramente peggiorativi.
Per convincere la maggior parte delle persone che questo è l’unico modello possibile, si fa ricorso a strumenti “indipendenti” terzi (potenti quanto misteriosi come Banche, WTO, Agenzie di Rating, non elette da nessuno di noi, ma che dirigono le vite di tutti) e che nascondendosi dietro la fredda esposizione di cifre, ovviamente controllate e verificate da loro stessi, dicono che se vuoi migliorare la tua vita o più, semplicemente se vuoi vivere, devi lavorare sempre di più, essere pagato sempre di meno, indebitandoti, ovviamente, sempre di più; e indovinate un po’ a favore di chi?
Ritorniamo al Comunismo che, nato come  strumento di riequilibrio economico tra capitale e lavoro (plus valore), nell’applicazione pratica, in determinati paesi, ha dato luogo a forme dittatoriali che ne hanno brutalizzato e offuscato l’idea originaria.
Per molti (ex comunisti compresi), questo è stato sufficiente per buttare via l’acqua con il bambino dentro, pensate se si fosse fatto lo stesso con il cristianesimo dopo le Crociate, la Santa Inquisizione, la conversione forzata e brutale di intere popolazioni. Gesù Cristo sarebbe stato indicato come il peggior delinquente della storia e il suo messaggio d’amore universale buttato alle ortiche.
Oggi io credo sia possibile, direi, anzi obbligatorio, recuperare almeno in parte quanto d’innovativo e buono c’era nell’idea originale armonizzandola e fondendola con le mutate condizioni sociali ed economiche attuali. Facendone non un’ idea “contro” ma un’idea “per”!
Oggi produciamo molto di più di quello di cui necessitiamo, non produciamo per l’uso ma per il consumo (spreco). Si fa questo, non per migliorare la vita di tutti, ma per produrre profitti sempre più cospicui per quei signori cui si accennava prima. L’esistenza del singolo, nel contempo, peggiora costantemente, vincolandolo sempre di più alla logica del profitto altrui, per avere sempre meno in qualità e quantità di vita. Per lavorare tutti, lavorare meno e meglio, va ridistribuita in maniera più equa la ricchezza prodotta.
Come cambiare? Intanto cambiando noi stessi e cominciando a vedere e non solo guardare, ad ascoltare e non solo sentire, insomma essendo protagonisti e non spettatori, come già stanno facendo migliaia di movimenti e milioni di persone in tutto il mondo. Questo potrebbe portare all’elezione di governi più onesti e capaci, meno legati a logiche affaristiche, che ricomincino a governare e, non solo a gestire, riconducendo l’economia a quello che dovrebbe essere, uno strumento da guidare e non da cui essere guidati, e tutto questo senza preclusioni ideologiche, utilizzando tutto ciò che di buono ha prodotto l’umanità nel corso del suo cammino.
Utopistico? Forse! Difficile? Sicuro! Ma necessario e affascinante.
(Mizio)

Nessun commento:

Posta un commento