martedì 21 giugno 2011

RELIGIONE E SENTIMENTO RELIGIOSO, STESSA COSA?



“Sei credente?”-“ Certo che si!” –“Ma come si fa al giorno d’oggi  a credere in questa religione a questa Chiesa, a chi fa guerre in nome di Dio, e poi le parole del Papa su omosessuali, coppie di fatto …….”
Alt, per favore alt!
Quante volte molti si sono dovuti confrontare con queste argomentazioni. essendo per la maggior parte degli uomini, sia credenti che atei, difficile separare l’idea di Dio da quella delle religioni organizzate.
Cosa piuttosto comprensibile visto che fino a l’altro ieri e per molti ancora oggi, l’idea stessa di un creatore presuppone la presenza di intermediari che autoreferenziandosi, ne trasmettano il verbo e lo traducano per il popolino in concetti semplici attraverso riti, comandamenti, richieste di fede aprioristica e soprattutto non disdegnando il potere temporale che esercitano in modi non difformi da quello di altri regimi totalitari, con la differenza che il tutto è santificato dal farlo non per sé, ma per la maggior gloria di Dio.
Ora non si fa fatica a riconoscere che le religioni ,nel corso dei secoli, abbiano svolto una funzione, per così dire pedagogica, nei confronti di una massa per lo più ignorante e abbrutita che, senza quei precetti morali provenienti da comandamenti imposti, si sarebbe potuta facilmente abbandonare a atteggiamenti di violenze e lassismo morale molto più di quello che, effettivamente, non sia già  stato. E non potendo fare a meno di riconoscere che numerose e luminose figure nel corso dei secoli,  hanno espletato la loro opera e il loro lavoro all’interno delle organizzazioni religiose non diminuendo di una virgola la grandezza delle loro vite e delle loro opere. Detto questo e dato a Cesare quel che è di Cesare, oggi è ancora ipotizzabile un rapporto con l’idea del creatore e tutto ciò che ne consegue, in termini di lettura, comprensione e accettazione, che passi e venga mediato attraverso i canali istituzionalizzati delle religioni?
Il livello di cultura raggiunto (almeno nel mondo occidentale), l’evoluzione della società in senso di maggiori libertà individuali, la maggiore possibilità di essere svincolato dal soddisfacimento dei bisogni primari, e il maggior tempo disponibile per se stessi hanno permesso all’essere umano di porsi e soprattutto di cercare risposte più soddisfacenti agli eterni interrogativi che si agitano nell’animo di ognuno. Alcuni rifiutando le religioni rifiutano di affrontare l’idea stessa di Dio, e si abbandonano a una vita spesa alla ricerca dell’appagamento dei sensi e nel riconoscimento di un ruolo di prestigio e potere nella società, e, per quanto riguarda problemi di natura morale o per domande scomode affidandosi al “così fan tutti” o all’infallibiltà vera o presunta della scienza, partecipando ai riti religiosi per mero “dovere sociale” e d’immagine. 
Altri partecipano, comunque, con convinzione,all’idea e alla vita delle religioni di appartenenza essendo sufficiente, per loro la scelta di fede acritica e che riescono a vivere in maniera serena e anche coerente la loro vita, riuscendo a esercitare, anche attività, degne di ammirazione nel campo sociale e della carità.
Poi ci sono quelli che fanno del dubbio e della riflessione critica, in primis su se stessi, il proprio modus vivendi. Ed è proprio in questi e dal loro peregrinare da un impegno all’altro nella vita sia esso politico, sociale, ambientalista, che negli ultimi decenni si è affacciata a livello di massa una nuova visione e del sentire religioso, che possiamo definire spirituale. Che si manifesta, inizialmente con un non riconoscersi, nelle favolette trasmesse dalle religioni  e immediatamente accantonate, dalla non capacità di uniformarsi a un pensiero unico presente nella società, sentendo forte dentro di sé che, il senso della vita non può essere semplicemente, un attraversarla da alfa ad omega senza riempirla di significati che siano essi ideali di giustizia, libertà, fratellanza ecc. ecc.
Ecco, allora manifestarsi l’esigenza di impegnarsi nel politico e nel sociale, salvo dopo un po’ ritirarsi  delusi e scoraggiati, abbracciare allora le campagne di sensibilizzazione per la salvaguardia dell’ambiente, tuffarsi nel volontariato, ma arrivando poi, a sentire sempre una certa insoddisfazione e incompletezza. Cosa manca, allora? Manca la parte più profonda e vera del nostro Io che attende il suo momento per manifestarsi e che scalpita sempre più e che cominciamo, senza per questo sentirci sminuiti a chiamare Spirito, non essendo certo un nome che può dare un senso più o meno valido alle cose. Ci si accorge, allora, che tutto ciò che sentivamo e facevamo, non era certo sbagliato, ma forse incompleto, e che la ricerca che si inizia in piena libertà e svincolati da dogmi e precetti nulla toglie ma aggiunge valore alle nostre scelte rendendo il cammino su questa palletta persa nell’universo molto più interessante e significativo.


Tornando alla domanda iniziale appare chiaro che si può essere credenti senza per questo appartenere ad alcuna religione, essendo la scoperta del divino cosa assolutamente personale ed il rapporto con esso estremamente diretto e intimo, essendo tutto in noi e fuori di noi.

Mizio

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