mercoledì 15 giugno 2011

LA RIVOLUZIONE DI CUI NESSUNO PARLA

Nazionalizzazione delle banche
Abolizione del debito
Creazione di una nuova costituzione

Questi sono solo alcune delle cose fatte dalla rivoluzione islandese di cui nessuno sa niente, grazie a questa "informazione" blasfema completamente asservita ai poteri economico finanziari globalisti del nuovo ordine mondiale.

Recentemente ci hanno sorpreso i fatti della Tunisia che sono sfociati nella fuga del tiranno Ben Alí, tanto democratico per l’Occidente fino all’altroieri e allievo esemplare del FMI. Tuttavia, un’altra· “rivoluzione” in atto da due anni è stata opportunamente censurata dai mezzi di comunicazione al servizio delle plutocrazie europee.

È successo proprio nel cuore dell’Europa (nel senso geopolitico), in un Paese con la democrazia probabilmente più antica del mondo, le cui origini risalgono all’anno 930, e che si è piazzato al primo posto nel rapporto dell’ONU sull’Indice di Sviluppo Umano 2007/2008. Indovinate di chi si tratta? Sono sicuro che la maggioranza non ne ha idea, come non ce l’avevo io prima di scoprirlo per caso (nonostante sia stato là nel 2009 e nel 2010). Se tratta dell’Islanda, dove un governo intero si è dovuto dimettere, sono state nazionalizzate le principali banche, è stato deciso di non pagare il debito che queste avevano creato con la Gran Bretagna e l’Olanda a causa della loro esecrabile politica finanziaria ed è stata appena creata un’assemblea popolare per riscrivere la sua costituzione. E tutto questo in forma pacifica: a colpi di casseruole, urla e un appropriato lancio di uova. Questa è stata una rivoluzione contro il potere politico-finanziario neoliberista che ci ha condotto alla crisi attuale. Ne parlo qui perché per due anni non c’è stata quasi nessuna informazione su questi fatti o si è informato in modo superficiale o di rimbalzo: cosa succederebbe se il resto dei cittadini europei prendessero esempio? E per inciso si conferma ancora una volta, come se ancora non fosse chiaro, al servizio di chi sono i mezzi di comunicazione e come ci restringono il diritto all’informazione nella plutocrazia globalizzata del Pianeta S.p.A. Questa è, brevemente, la storia dei fatti:

Alla fine del 2008, gli effetti della crisi nell’economia islandese sono devastanti. In ottobre si nazionalizza Landsbanki, principale banca del Paese. Il governo britannico congela tutti gli attivi della sua sussidiaria IceSave, con 300.000 clienti britannici e 910 milioni di euro investiti da amministrazioni locali ed enti pubblici del Regno Unito. A Landsbanki seguiranno le altri due principali banche, la Kaupthing e la Glitnir. I loro principali clienti sono in questo Paese e in Olanda, clienti a cui gli Stati devono rimborsare i loro risparmi con 3 miliardi e 700 milioni di euro di denaro pubblico. Di conseguenza il totale dei debiti bancari dell’Islanda equivale a diverse volte il suo PIL. Inoltre la moneta crolla e la Borsa sospende le sue attività dopo un crollo del 76%. Il Paese è alla bancarotta.
Il governo chiede ufficialmente aiuto al Fondo Monetario Internazionale (FMI), che approva un prestito di 2 miliardi e 100 milioni di dollari, integrato da altri 2 miliardi e mezzo di alcuni Paesi nordici.
Le proteste dei cittadini di fronte al parlamento a Reykjavik aumentano. Il 23 gennaio 2009 vengono convocate le elezioni anticipate e tre giorni dopo le manifestazioni con le pentole sono già di massa e provocano le dimissioni del Primo Ministro, il conservatore Geir H. Haarden, e di tutto il suo governo in blocco. È il primo governo (e l’unico che io sappia) que cade vittima della crisi mondiale.
Il 25 aprile si tengono le elezioni generali dalle quali esce un governo di coalizione formato dall’Alleanza Social-democratica e dal Movimento della Sinistra Verde, guidato dal nuovo Primo Ministro Jóhanna Sigurðardóttir.
Nel corso del 2009 continua la pessima situazione economica del Paese e l’anno chiude con una caduta del PIL del 7%.
Tramite una legge ampiamente discussa nel parlamento si propone la restituzione del debito a Gran Bretagna e Olanda mediante il pagamento di 3 miliardi e mezzo di euro, somma che pagheranno tutte le famiglie islandesi mensilmente per i prossimi 15 anni al 5,5% di interesse. La gente torna a riempire le piazze e chiede di sottoporre la legge a referendum. Nel gennaio 2010 il Presidente, Ólafur Ragnar Grímsson, si rifiuta di ratificarla e annuncia che ci sarà a consultazione popolare.
A marzo si tiene il referendum e il NO al pagamento del debito stravince con il 93% dei voti. La rivoluzione islandese ottiene una nuova vittoria in modo pacifico.
Il FMI congela gli aiuti economici all’Islandia in attesa che venga effettuato il pagamento del suo debito.
A questo punto, il governo ha iniziato una ricerca per individuare giuridicamente le responsabilità della crisi. Cominciano gli arresti di diversi banchieri e di alti dirigenti. L’Interpol emana un ordine internazionale di arresto contro l’ex-Presidente della Kaupthing, Sigurdur Einarsson.http://it.answers.yahoo.com/question/index?qid=20110302095844AAQpLoP

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