venerdì 8 luglio 2011

DISUGUAGLIANZA: IMPRESSIONE O REALTA'


L’Italia è un paese sempre più diseguale, la distanza tra ricchi e poveri, continua progressivamente ad aumentare, accentuata nell’ultimo periodo dalla crisi profonda dell’economia globale. Che questa non sia solo un’impressione, come qualcuno si diverte a dire, lo dimostrano il recente rapporto OCSE, che, in questa speciale classifica, ci pone agli ultimi posti tra i paesi europei. Anche secondo Bankitalia il divario s’è allargato, nel 2004 il 10% della popolazione italiana possedeva il 42,9 della ricchezza globale (dato già scandaloso) dopo solo 4 anni nel 2008, prima della grande crisi, si era arrivati al 44,7, oggi non si dispongono di dati ufficiali, ma sicuramente la percentuale è ulteriormente aumentata. Dati ulteriormente confermati se si utilizza il cosiddetto Codice Gini, modello statistico del secolo scorso utilizzato a livello mondiale, elaborato da Corrado Gini fondatore e primo presidente dell’ISTAT, che, senza entrare in questa sede in inutili tecnicismi, dimostra che l’Italia a livello europeo è in assoluto la nazione che ha maggiormente aumentato il divario tra chi ha molto e chi ha poco.
Quindi il senso di declino sociale che si avverte in giro, non è dovuto a sensazioni o speculazioni politiche. ma si basa su dati reali e inconfutabili. Nella rete della povertà stanno scivolando, non solo le classi più basse (pensionati e operai) ma anche parte di quei ceti (insegnanti,impiegati e tecnici specializzati) che si collocavano in una fascia superiore. Fino a qualche anno fa avere un lavoro equivaleva ad avere una certa tranquillità sociale, oggi si affaccia, invece, una nuova categoria di poveri ( i working poor) cioè persone che pur lavorando sono sotto la soglia di povertà e sono soprattutto giovani e donne cui vengono applicati al ribasso e in forme ricattatorie tutte le possibilità che i contratti flessibili e interinali permettono. E qui si parla di coloro che comunque, al mercato del lavoro si affacciano, perchè un’altra cospicua fetta, neanche riesce ad entrarci, e anche qui soprattutto giovani , ma con una nuova figura: “il non giovane e non vecchio”, il lavoratore che perde l’occupazione tra i 40 e i 50 e che difficilmente riesce a rientrare.
In questo quadro che definire preoccupante è poco sono aumentate a dismisura le posizioni e le rendite dei Manager e professionisti, oltre a quelli che vivono, direttamente o indirettamente, di politica. Mentre le forze politiche invece che dare vita a un dibattito serio sulla ridistribuzione della ricchezza e sull’inclusione sociale vaneggiano ipotizzando il paese di Bengodi avvalorando (insieme a un sindacato non so quanto incapace o  connivente) scelte che vanno in misura esattamente opposta, non creando lavoro, ma solo nuove forme di sfruttamento a basso costo e alti profitti per Lor Signori.
Nel biennio 2009-10 i consumi calano del 3,8% e si perdono 531.000 posti di lavoro.
La società che dice di voler premiare la meritocrazia, dà sempre di più a chi ha già molto e sempre meno a chi ha poco, difficilmente in futuro vedremo figli di operai accedere all’Università, e laddove ciò dovesse succedere, una volta laureati saranno sempre tra gli ultimi anche se, magari, migliori di molti altri.
La restaurazione post-sessantotto è praticamente completata., siamo ritornati ad essere una società di “generose concessioni” e non più di diritti!
MIZIO

Nessun commento:

Posta un commento