martedì 5 luglio 2011

Grandi opere, le infrastrutture dell’assurdo




ponte-stretto-messinaForni inceneritori per rifiuti, dighe, ponti, viadotti, Tav. Opere ciclopiche, gigantesche. E, soprattutto, inutili. “Infrastrutture dell’assurdo”, le chiama l’ecologista Marco Cedolin, autore di un omonimo, fortunato pamphlet del 2008 (Arianna editrice) rinverdito oggi dallo stanziamento di 16 miliardi per la costruzione di alcune maxi-infrastrutture, tra cui il ponte sullo Stretto di Messina. «Ristrutturare l’Italia sul piano energetico – racconta Cedolin a Daniel Tarozzi, che l’ha intervistato per “Terranauta” - sarebbe molto più conveniente per tutti: tranne che per i costruttori dei mega-progetti». Un fiume di denaro in poche mani amiche, sempre le stesse: ecco spiegato il mistero, non solo italiano, delle “infrastrutture dell’assurdo”.

«Ho definito le grandi opere “infrastrutture dell’assurdo” – dice Cedolin – poiché molto spesso la loro costruzione non è motivata da necessità oggettive, ma semplicemente dalla volontà di costruire "profitto facile" attraverso la cementificazione del territorio>
Il libro, attualissimo, nasce dalla volontà di fare una riflessione a 360 gradi sul mondo delle grandi infrastrutture, per mettere in luce la loro reale natura, i loro costi, l’effettiva utilità e gli impatti ambientali e sociali determinati dalla loro costruzione: si condividono i costi, che sono pubblici, mentre un pugno di costruttori (privati) accumula profitti miliardari, a spese della comunità, per installazioni di efficacia quantomeno dubbia.

Proprio sul costo sociale delle grandi opere Cedolin insiste molto: «E’ utile comprendere i meccanismi di finanziamento dei progetti per i quali viene speso il denaro del contribuente». Il libro di Cedolin aiuta a maturare una visione a tutto tondo di un fenomeno del quale «giornali, tv, politica e mondo sindacale offrono una visione parcellare, il più delle volte condizionata dagli interessi economici delle lobby che li sostengono». Mentre la recente guerra tra Russia e Georgia ha dimostrato la fragilità delle linee di approvvigionamento energetico, spiega Cedolin, in Italia si procede su strade antiche: megainceneritori come quello di Acerra, la devastazione del Mugello per le gallerie della Bologna-Firenze,  la riscoperta del nucleare (senza un’idea su dove stoccare le scorie), il rilancio della Tav Torino-Lione su una direttrice ormai disertata dal traffico internazionale, e ora anche il ponte sullo Stretto.
«In realtà – sostiene Cedolin - il governo Berlusconi non sta facendo nulla di differente da quello che hanno fatto i governi precedenti, in tema di grandi opere. L’imperativo di costruire e cementificare accomuna tutte le forze politiche in maniera assolutamente trasversale ed è stato finora portato avanti senza esitazione a prescindere dal colore della maggioranza». Alcune opere, meglio sostenute da gruppi di pressione,  hanno maggiori possibilità di venire portate a termine: «E’ più facile scommettere sulla costruzione di decine di nuovi forni inceneritori che non sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto».
Eppure, di grandi opere l’Italia ha bisogno. Opere diverse da quelle finora progettate: «Penso alla ristrutturazione del patrimonio edilizio pubblico e privato, finalizzata a diminuire il consumo energetico degli edifici, comprese le scuole che contengono amianto e col soffitto che rischia di crollare sulla testa degli studenti. Penso ad un progetto che riorganizzi il sistema di distribuzione dell’energia, in funzione del contenimento delle perdite e della valorizzazione dell’autoproduzione energetica individuale». Senza scordare una bonifica dei territori deteriorati, soggetti a frane e alluvioni devastanti.



Queste sarebbero le grandi opere necessarie per l’Italia. «Purtroppo – rileva Cedolin - si tratta di opere che, pur alimentando l’occupazione, non farebbero salire a sufficienza il Pil e distribuirebbero il profitto su un vasto numero di piccole imprese, anziché indirizzarlo nelle mani dei “soliti noti”: e forse proprio per questo non vengono prese in considerazione». Le alternative sarebbero dunque molto concrete, «ma non penso verranno mai realizzate», conclude Marco Cedolin, «proprio perché il loro minore costo le rende scarsamente appetibili per i gruppi di potere che, attraverso le grandi opere, costruiscono i propri immensi profitti». da www.Libreidee.org

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