mercoledì 6 luglio 2011

Malagrotta forever. Senza la mega discarica a Roma sarebbe come in Campania


Senza la mega discarica di Malagrotta, il Lazio e in particolare Roma
sarebbero nelle stesse condizioni della Campania. Il dato si ricava
dalla relazione territoriale approvata dalla commissione di inchiesta 
sul ciclo dei rifiuti. Ed è confermato anche dalla incapacità di comune 
e regione di trovare una soluzione alternativa all’invaso (per i 
prossimi giorni è prevista, ad esempio, una manifestazione 
anti-discarica ad Allumiere, dove il comune di Roma aveva pensato 
di localizzare una cittadella dei rifiuti). Avanza l’incubo emergenza. 
E i dati parlano chiaro: cifre risibili di raccolta differenziata, assenza 
di un piano integrato che parta dalla riduzione del monte rifiuti, 
la solita corsa all’incenerimento, inchieste su sprechi e illeciti
La discarica di Malagrotta, la più grande d’Europa, è di proprietà 
della società Co.la.ri. dell’imprenditore Manlio Cerroni e raccoglie 
i rifiuti della città di Roma da decenni. Ogni giorno arrivano 5mila 
tonnellate di pattume con un costo per le casse del Campidoglio 
intorno ai 45 milioni di euro l’anno. La chiusura era prevista nel 
dicembre del 2008, ma da allora si è andato avanti con proroghe
e rinvii. Sulla scelta del nuovo sito non mancano le polemiche e gli 
scontri tra regione e comune, nonostante siano dello stesso colore 
politico. A metà settimana il consiglio regionale ha approvato una 
mozione che boccia l’ipotesi di una cittadella dei rifiuti da localizzare 
nel comune di Allumiere, ipotesi avanzata dal comune di Roma. Nel 
dicembre scorso, il sindaco Gianni Alemanno ha sottoscritto con il 
ministro della difesa Ignazio La Russa un documento per ottenere 
il terreno dove costruire la discarica: un poligono militare su un’area 
di 145 ettari, proprio nel comune di Allumiere. Contro questa opzione 
si è schierata anche la governatrice Renata Polverini, ed è prevista 
una manifestazione anti-discarica il prossimo 18 marzo ad Allumiere
Il problema dell’alternativa a Malagrotta rimane di fatto irrisolto.

Piano bocciato. Inceneritori sovrastimati
La situazione è complessa. Basta leggere la relazione approvata dalla
 commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, redatta dal 
deputato Antonio Rugghia e dal senatore Candido De Angelis. La 
regione Lazio, commissariata in questo settore dal 1999 al 2008, ha 
una produzione di oltre 3 milioni di rifiuti l’anno, con una percentuale 
di raccolta differenziata che non supera il 20%, notevolmente al di 
sotto degli obiettivi previsti dalla legge. Il Lazio destina in discarica la 
maggior parte dei rifiuti prodotti, contro le disposizioni che arrivano 
anche dalle direttive europee: “Finora – si legge nella relazione – sulla 
scia del “piano Marrazzo”, si è fatto ricorso alla discarica con richieste 
di ampliamento, rimodulazioni, piuttosto che potenziare la raccolta 
differenziata e il trattamento secco/umido del rifiuto tal quale”. Un 
indirizzo che privilegia una pianificazione impiantistica fondata 
sull’incenerimento. Nella relazione si legge: “La realtà regionale nel 
Lazio, dato il basso livello medio regionale di raccolta differenziata 
(dato 2008 = 15.0 per cento per eccesso) non è incoraggiante dal 
punto di vista della gestione integrata se non per ciò che riguarda 
l’impiantistica della termovalorizzazione che è probabilmente 
sovradimensionata e lo sarà di sicuro se la raccolta differenziata 
decollerà fino a raggiungere gli obbiettivi fissati dalla normativa
( 60%,ndr)”. Gli inceneritori esistenti lavorano al di sotto delle loro 
potenzialità e questo dovrebbe indurre a rivedere la decisione di 
costruire un nuovo impianto ad Albano Lazialedopo che il Tar ha 
accolto il ricorso dei cittadini.

La spazzatura nel Lazio tra infiltrazioni e processi
Come se non bastasse, gli impianti esistenti producono materiale 
inutilizzabile, così si completa il quadro del disastro: “I vari impianti 
per la produzione di cdr (combustibile derivato dai rifiuti,ndr) forniscono 
per lo più ‘ecoballe’, che finiscono prevalentemente in discarica in 
quanto di scarsa qualità e non idonei per la termovalorizzazione”. 
In pratica gli impianti che dovrebbero lavorare i rifiuti, trasformandoli 
in ecoballe da inviare agli inceneritori, fanno un lavoro inutile. I rifiuti 
trattati per la cattiva qualità finiscono comunque nelle discariche. 
Nella relazione non mancano i riferimenti alle aree nel Lazio che 
dovrebbero essere destinate a bonifica e interventi di messa in 
sicurezza, a partire dalla valle del Sacco, ma anche alle inchieste in 
corso per irregolarità nel ciclo. Basti pensare alle indagini condotte 
dal Noe dei carabinieri e coordinate dalla Procura di Velletri che 
hanno accertato diversi illeciti nella gestione dell’inceneritore di Colleferro. 
Secondo l’accusa in quell’impianto finivano rifiuti non trattati, gli indagati 
avrebbero anche modificato il sistema di rilevamento in automatico dei 
fumi dell’impianto stesso. In ultimo c’è il dato economico, le aziende del 
settore vantano dalle pubbliche amministrazioni circa 250 milioni di euro. 
Più volte FederLazio ha minacciato sciopero, serrata di discariche e 
raccolta. Iniziative che avrebbero un solo effetto: i rifiuti in strada.


















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