mercoledì 13 luglio 2011

VAL DI SUSA E LA GRECIA

Cosa accomuna la drammatica situazione economica in Grecia e il cantiere che si è aperto in Val di Susa per il progetto TAV? Apparentemente nulla, ma se facciamo un passo indietro, per la precisione al 1997, l'accostamento è meno strano di quanto si pensi. Infatti nel 1997, furono assegnati alla città di Atene, i giochi olimpici del 2004,battendo proprio Roma, governata allora da una giunta di centrosinistra, e presentando la cosa come un'irripetibile occasione per il rilancio dell'economia e dell'immagine della Grecia.Si partì con una previsione di spesa di 1,3 miliardi di euro, per arrivare alla fine a 20 miliardi di buco, il 20% del prestito recentemente concesso dall'UE alla Grecia. Il grande affare è stato solo per imprenditori, speculatori e loro protettori politici, per i greci solo ulteriori debiti e sacrifici per ripianarli.
Torniamo alla Val di Susa, si è detto che i cantieri andavano aperti per non perdere i 620 milioni di euro finanziati dall'UE, senza però aggiungere che quella cifra è una goccia nel mare dei 20 miliardi di euro che costerebbe , ad oggi, l'intera opera (guarda caso la stessa cifra delle olimpiadi di Atene). Chi sarà chiamato a gestire i finanziamenti e a eseguire le opere? Più o meno gli stessi che hanno operato così bene in Grecia, le banche e i gruppi imprenditoriali, di fatto, si accaparreranno interi territori facendoli diventare, per loro, galline dalle uova d'oro, e lasciando agli abitanti, legittimi utilizzatori, devastazioni e all'intero paese debiti da rifondere per chissà quanto tempo.La Val di Susa sta dimostrando con studi concreti che il fallimento economico della realizzazione della Tav è certo. Non potranno esserci ritorni in termini di passeggeri perché il bacino d’utenza è oggettivamente ristretto. Non potranno esserci ritorni per il transito merci sia perché è dubbio che venga realizzata la linea ad alta capacità, sia perché in Svizzera sono già meglio attrezzati di noi. Nel caso dunque che l’opera andasse avanti per la cecità di chi ci governa e di un opposizione parlamentare culturalmente annientata, tra poco più di un decennio l’intero paese sarà costretto a pagare il debito che avremo contratto per finanziare le imprese e le banche che tengono in ostaggio il nostro ceto politico. La battaglia della Val di Susa assume dunque un valore straordinario. Azzerare l’opera significa risparmiare un fiume di soldi che potrà essere dislocato su altre voci di bilancio: dal sostegno all’economie locali, ai progetti di messa in sicurezza del territorio e delle città, alla realizzazione dei servizi sociali che ancora mancano lì e in tante altre valli. Altre imprese beneficeranno dei finanziamenti oggi indirizzati solo a quelle poche che controllano il mondo dell’informazione. Un’altra agenda di lavoro, dunque: da un’unica inutile grande opera a tante piccole opere che nel loro insieme fanno un grande progetto di sviluppo. Il territorio come bene comune.

E di fronte a questa sfida, fa pena dover leggere il commento su quanto accade in Val di Susa da parte del sindaco di Torino (P. Fassino PD) che ha affermato che essere contro la Tav è segno di “regressione culturale”. Parla per se stesso, ovviamente, e per coloro che ancora fanno finta di credere nella favola che le grandi opere portano sviluppo. Portano invece il mostruoso debito che oggi strozza la Grecia. Devono evidentemente nascondere quanto sta oggi avvenendo con spirito bipartisan.
Mizio


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