Ci
sono misteri che gli scienziati non saranno mai in grado di svelare. Perchè? Il
nostro cervello potrebbe non esserne capace. Forse le forze fondamentali della
natura sono originate da vibrazioni di energia: è la teoria delle stringhe.
Indimostrabile!
Dove
si trova la coscienza? C'è un punto del cervello che possiamo considerare la
sede della coscienza? Quando un essere umano allo stato embrionale comincia ad
avere stati mentali e quindi qualcosa di simile a una coscienza? La scienza non
sa rispondere. Come è nata la vita sulla Terra? Probabilmente non lo sapremo
mai (a meno di non avere la macchina del tempo).
All’inizio
del secolo scorso, gli astronomi erano divisi in due fazioni: quelli che
pensavano che la Via Lattea fosse la sola galassia dell’universo e quelli
(pochi) che ritenevano invece che ce ne fossero anche altre. Poi, all’inizio
degli anni Venti, lo statunitense Edwin Hubble usò un telescopio più potente
degli altri, che gli permise di vedere le galassie attorno alla nostra. Quella
scoperta mise fine alla disputa.
La
storia della scienza procede così, rispondendo a grandi domande che non di
rado, all’inizio, sembrano irrisolvibili. Esistono però alcuni misteri che sono
destinati a rimanere tali, perché limiti fisici invalicabili si frappongono fra
noi e la soluzione, oppure perché, come fa notare Piergiorgio Strata,
presidente dell’istituto nazionale di Neuroscienze, «può darsi che il nostro
cervello non sia fatto per capire tutto».
L’universo
sconosciuto
Resterà
per esempio sempre avvolto dal mistero ciò che c’è al di là dell'universo
osservabile. Con questa espressione i cosmologi indicano il confine oltre il
quale nessun telescopio potrà mai spingersi, perché la luce che emettono gli
oggetti che si trovano più in là di quel limite impiegherebbe, per giungere da
noi, un tempo superiore all’età dell’universo, che è di 13,7 miliardi di anni.
Gli
strumenti di cui dispone la scienza sono già quasi arrivati a vedere fin lì:
recentemente, infatti, in uno studio che ha coinvolto anche l’istituto
nazionale di Astrofisica, è stato osservato un lampo di raggi gamma (esplosione
che rappresenta lo stadio finale dell’evoluzione di alcune stelle) che dista 13
miliardi e 140 milioni di anni luce dalla Terra. «È l’oggetto più lontano che
sia mai stato osservato» ha detto Antonio Cucchiara, l’italiano che ha
coordinato lo studio, dall’Università della California di Berkeley. E arrivare
proprio a 13,7 miliardi di anni luce sarà molto difficile.
Per
molto tempo, gli scienziati hanno pensato che, in fin dei conti, non c’è nessun
motivo per pensare che ciò che c’è al di là dell’universo osservabile sia molto
diverso da ciò che sta al di qua. In anni recenti, però, la scoperta di flussi
di galassie che si muovono rapidissime verso il limite di osservabilità, come
se viaggiassero su un’autostrada superveloce, ha fatto pensare che la parte
imperscrutabile del cosmo possa nascondere strutture gigantesche, che
attraggono le galassie con la loro forza di gravità, e sulla cui natura si
possono fare soltanto ipotesi. .
L’enigma
delle stringhe
L’astrofisica,
così come molte altre discipline scientifiche, è fatta di un mix di teorie
difficilmente verificabili (o non verificabili affatto) e di fatti certi,
comprovati dall’osservazione o dagli esperimenti. Esiste però un settore che è
totalmente dominato dalle prime: la teoria delle stringhe, in base alla quale
le forze fondamentali della natura nascerebbero dalle vibrazioni di minuscoli
fasci di energia, non può infatti essere dimostrata.
Gli
“stringhisti” producono pagine e pagine di calcoli, tutti coerenti e anche
plausibili, ma non c’è esperimento che possa provare ciò che dicono, perché
indagare la materia al livello di dettaglio previsto dalla loro teoria
richiederebbe la costruzione di acceleratori di particelle più grandi del
pianeta Terra.
«Dovrebbero
avere le dimensioni di una galassia» fa notare Russel Stannard, professore
emerito di fisica alla Open University del Regno Unito, che ha fatto il conto.
L’unica soluzione sarebbe il colpo di genio di qualche scienziato, che
riuscisse a trovare un’altra strada per dimostrare la teoria delle stringhe,
diversa da quelle che oggi possono essere ipotizzate. [Leggi articolo: La più
piccola parte dell'universo].
Come
nasce la coscienza?
Strade
nuove e strumenti non ancora inventati potrebbero essere la chiave giusta anche
per la soluzione di un altro enigma che fa arrovellare scienziati e filosofi
fin dal tempo dell’antica Grecia: quello della coscienza. «La coscienza è una
proprietà della mente, che deriva dalla complessità del cervello» spiega Piergiorgio
Strata, «ma non esiste nessun modello che sia davvero in grado di descriverla o
di capire come nasca».
C’è
chi sostiene, infatti, che il cervello umano non sarà mai capace di comprendere
fino in fondo se stesso (e quindi la coscienza) perché per farlo ci vorrebbe
una mente con un livello ancora maggiore di complessità. Ma questa
argomentazione fa arrabbiare molti scienziati, che invece sostengono che il
mistero, prima o poi, sarà risolto. Gli esperti di intelligenza artificiale,
per esempio, ritengono che simulando i processi mentali su macchine sia
possibile capire anche come nasce la coscienza dell’uomo.
«Io
però non credo che questa sia la strada giusta» commenta Strata. «Imitare non
vuol dire riprodurre. In realtà, non abbiamo ancora scoperto il trucco. Manca
qualcosa di importante nella nostra conoscenza della mente, che ci permetta di
fare quel passo in più e di trovare un metodo scientifico per studiare la
coscienza».
Una
delle ultime frontiere in questo campo, riguarda la teoria che descrive la
coscienza come una realtà inerente la quantistica. Secondo questa teoria, la
coscienza umana (o anima) sarebbe una struttura fondamentale dell'universo che
non dipende dal cervello, ma che esiste di per sè. Con la morte celebrale, la
"coscienza quantica" si slega dal cervello per tornare alla fonte.
Embrione,
ci sei?
Strettamente
legato al tema della coscienza è quello dell’inizio della vita cosciente nel
corso dello sviluppo dell’embrione e del feto. La questione non è di poco
conto, perché questo enigma, di fatto irrisolvibile, alimenta i dibattiti
sull’aborto, sulla procreazione assistita e sulla possibilità di usare le
cellule staminali embrionali, promessa della medicina di domani, il cui
ottenimento comporta però la distruzione dell'embrione.
Secondo
la Chiesa cattolica, una persona è tale fin dal concepimento. Molti
neuroscienziati la pensano però diversamente, perché se la caratteristica
fondamentale di una persona è quella di avere una coscienza, è chiaro che una
sola cellula, o anche un mucchietto di cellule appena un pò più avanti nello
sviluppo, non hanno la complessità necessaria a dar vita a processi mentali.
«Un
embrione a uno stadio di sviluppo molto precoce presumibilmente non possiede
stati mentali» dice Piergiorgio Strata «e non c’è una linea di demarcazione
netta di quando questi appaiano nel corso dello sviluppo». La gradualità del
processo, insomma, fa sì che, almeno dal punto di vista scientifico, sia
impossibile dire esattamente quando un grumo di cellule diventa persona.
Vorrei
la macchina del tempo
E
il mistero dell'origine è destinato a restare tale anche per il processo che ha
generato la vita, circa quattro miliardi di anni fa. Per sapere davvero che
cosa è successo, infatti, ci vorrebbe una macchina del tempo che ci portasse
fino ai primordi della Terra, perché le molecole protagoniste della catena di
reazioni chimiche da cui è scaturita la vita non si sono fossilizzate.
In
laboratorio sono state riprodotte le condizioni che, con un elevato grado di
probabilità, erano presenti allora, ma come fa notare il biologo Jerry Coyne,
dell’Università di Chicago (Usa), «non sapremo mai come sono andate le cose
esattamente. Le possibilità sono moltissime e tutte implicano la presenza di
molecole che non si fossilizzano. Questo, quindi, è un altro limite
invalicabile».
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