Inizialmente
passano inosservati e, solo alcuni attenti osservatori, si accorgono della loro
presenza. Arrivano per le vie più disparate. Per i cambiamenti climatici, per lo
sfruttamento da parte dell’uomo, per la mancanza di competitori naturali, per
la maggiore adattabilità ad usare gli spazi inutilizzati, per la colpevole
incoscienza degli umani. Non stiamo parlando delle migrazioni dei milioni di disperati
attirati dal miraggio di una vita migliore qui da noi, ma di esseri altrettanto
numerosi, meno disperati, ma altrettanto decisi a conquistare nuovi spazi e
nuovi territori, spesso a scapito degli abitanti originari.
Stiamo parlando
delle centinaia di nuove specie animali che arrivano in Italia e in Europa da
altri continenti e ambienti e che trovano numerose nicchie ecologiche da
sfruttare.
Sono specie più robuste adattabili delle nostre e tendono, quindi, a
sostituirsi ad esse entrando in competizione alimentare ed ecologica, rompendo
un millenario equilibrio, alterando i biotopi con conseguenze, spesso
irreversibili, a tutto scapito della biodiversità originale.
Mentre
alcune di queste specie sono portate naturalmente ad espandersi, la maggior
parte è stata favorita dalle attività umane, con il riscaldamento globale e i
cambiamenti climatici, l’alterazione degli habitat naturali, il collezionismo,
l’allevamento di specie esotiche, con conseguenti fughe e/o rilasci volontari
per la caccia, la pesca o per incuria e ignoranza.
In
molti casi il processo appare irreversibile e l’unica cosa che si può fare è
cercare di preservare con severe norme di protezione i pochi ambienti rimasti con caratteristiche di
verginità ecologica sperando che da queste isole parta la riconquista
dell’ambiente da parte dei legittimi originari abitanti.
Solo
tra i vertebrati ci sono, tra gli altri: (i dati sono presi dal sito del
DAISIE)
Trota iridea
Siluro
Pesci:
Trota Iridea, Salmerino di fonte, Blicca, Abramide, Pseudorasbora, Gardon,Rodeo,
Siluro, Pesce gatto, Pesce gatto americano, Pesce gatto africano, Pesce Re,
Persico trota, Persico sole, Acerina, Luccioperca, Carpa erbivora, Carpa
argentata, Carassio, Tilapia, Rutilo, Gambusia, Barbo danubiano, Barbo spagnolo,
Aspio, Temolo Russo;
L’immissione
di pesci estranei all’habitat originale ha causato la completa alterazione
dello stesso. Ad esempio dove è stata seminata in maniera scellerata la trota
iridea (la mitica trota salmonata) ha spazzato via le originarie popolazioni di
trota marmorata e fario sia alpine che appenniniche.
L’introduzione del siluro (un pesce di più di due mt di lunghezza e del peso anche di pltre 200 Kg) nel bacino
del Po e i suoi affluenti ha provocato la scomparsa quasi totale di diverse
specie di pesci nostrani, come il cavedano, il barbo, il luccio diventando la
specie dominante in un ambiente, in cui la piramide ecologica era frutto di
equilibri millenari. Purtroppo la sua diffusione pare inarrestabile, essendo
arrivato, ormai, a colonizzare anche altri ambienti ancora più piccoli e più
indifesi dal punto di vista dell’equilibrio ecologico come L’Arno e i suoi
affluenti.
Anfibi:
Rana toro, Rana balcanica
Rana toro
In
questo caso i danni risultano minori per la limitata espansione, soprattutto
della rana toro americana che,
nutrendosi di altri anfibi avrebbe potuto costituire una seria minaccia per gli
stessi. Sopravvive con poche popolazioni solo nella pianura Padana.
Rettili:
Tartaruga orecchie rosse ,Agama agama, Geco dei balcani.
Tartaruga orecchie rosse
Tra
i rettili l’impatto ecologico peggiore lo sta provocando quella simpatica
tartarughina acquatica proveniente dalla Florida, che, pur essendone vietata
per legge la vendita,
continua
ad essere presente nelle mille fiere paesane e nei negozi di animali. Così
piccola e innocua fa tenerezza e si porta a casa per far contento il pupo.
Salvo poi scoprire che la tenera piccola tartarughina si trasforma in un vorace
mostro che arriva a pesare anche 5 kg.
Allora che si fa? Si rilascia nel primo
stagno, laghetto o pozza d’acqua, decretando così la scomparsa della più rara, timida
e meno aggressiva, tartaruga d’acqua dolce nostrana.
Uccelli:
Ibis sacro, Airone Guardabuoi,Coturnice orientale, Colino della Virginia,
Parrocchetto dal collare, Parrocchetto monaco, Usignolo del Giappone, Bengalino
comune, Becco a cono golacinerina, tortora dal collare orientale
Parrocchetto monaco
Gli
uccelli dal punto di vista ecologico, avendo la possibilità di volare sono
sempre stati presenti in maniera occasionale o prolungata, anche in ambienti
estranei al proprio.
Sono quindi, in genere, le specie che meno alterano
l’habitat. Esclusi alcuni casi in cui si sovrappongono e si sostituiscono alle
specie originarie sfruttando lo stesso ambiente. E’ quello che sta succedendo
con l’espandersi di alcune colonie di pappagalli (Parrocchetti monaci e dal
collare), ormai stanziali in parchi e giardini di città come Roma che stanno
provocando la lenta ma continua diminuzione di specie nostrane come i picchi e
le civette, in quanto occupano per la nidificazione gli stessi buchi negli
alberi, ed, essendo più grandi e aggressivi, ne causano l’allontanamento.
Mammiferi:
Scoiattolo grigio, scoiattolo variabile, tamia siberiano, visone, nutria, cane
procione, topo muschiato, minilepre, sciacallo dorato.
Scoiattolo grigio
Nutria
Visone americano
Tra
i mammiferi d’importazione quelli che hanno avuto il maggior impatto (negativo)
ambientale sono senza dubbio lo scoiattolo grigio che dove è arrivato ha
decretato la scomparsa del più timido e gracile scoiattolo rosso tipico delle
nostre foreste; tra l’altro, essendo anche molto più confidente con l’uomo
rispetto al nostro, riscuote anche molta simpatia. L’altro, involontario
flagello. è la nutria, ormai
diffusissima dappertutto ove ci sia un po’ d’acqua che, per la sua abitudine di
scavare gallerie nelle rive, spesso franose, dei corsi d’acqua ne compromette la
stabilità e, in quei pochi luoghi ove sopravvive ancora la lontra. ne occupa lo
stesso habitat contribuendo a metterne in pericolo la sopravvivenza.
Altro
ospite di cui si potrebbe fare a meno è il visone americano che fuggiti dagli allevamenti o liberati da animalisti poco
sensibili all’equilibrio ecologico, laddove riescano a sopravvivere falcidiano
le covate e i pulcini degli uccelli acquatici e le popolazioni di anfibi.
Inoltre più grossi e aggressivi competono con la nostrana puzzola decretandone la
sparizione.
Tra
gli invertebrati ricordo solo il gambero rosso americano, la zanzara tigre e il
famigerato punteruolo rosso ma qui l’elenco è veramente troppo lungo.
Gambero rosso della Louisiana
Zanzara tigre
Punteruolo rosso
Ne
citiamo solo tre tra i più comuni e dannosi, la zanzara tigre penso ormai la
conoscano purtroppo tutti, è andata a coprire un vuoto ecologico essendo attiva
di giorno e, quindi, non entrando in competizione con la comune zanzara. Il
punteruolo rosso forse è meno conosciuto, ma sicuramente altrettanto dannoso. A
lui si deve la morte ormai quasi certa di quasi tutte le palme presenti nei
giardini pubblici e privati. Lasciando l’atroce dubbio di come potrebbe
riciclarsi nel momento in cui non avessi più a disposizione le palme preferite.
In alcune zone pare abbia cominciato ad attaccare già altre specie di palma.
Ma
quello che appare come un vero e proprio flagello biblico è il gambero rosso della
Louisiana che, introdotto per l’alimentazione sia umana che dei pesci d’allevamento (per dare
il tipico colore rosa alle carni della famosa trota salmonata di cui sopra) è
ormai il padrone indiscusso dei laghi e corsi d’acqua del centro-nord Italiano e,
grazie al suo eclettismo alimentare e alla sua robustezza sta facendo stragi di
anfibi, avannotti e qualsiasi altro animale di piccole dimensione presente nel
suo habitat.
Per
carità di patria e per l’enormità del lavoro, tacciamo sull’ invasione delle
migliaia di specie vegetali esotiche e non, che popolano ormai tutti nostri
ambienti, altrettanto infestanti e pericolose.
Insomma,
anche in natura sembra valere sempre il
vecchio proverbio: “Mogli e buoi dei paesi tuoi”
MIZIO
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